La Fiorita
2003: 505 ° Anniversario della morte di Fra Girolamo Savonarola
La cerimonia della ‘Fiorita’
I colori e i fiori di maggio
sono i "protagonisti
della rievocazione di un avvenimento storico che segnò la storia
di Firenze.
Il 23 maggio di ogni anno in Palazzo Vecchio,
alle ore 10.00, viene celebrata la Messa nella Cappella dei Priori.
Le autorità comunali,
civili e religiose, in corteo, scendono in piazza della Signoria e
sulla lapide, nel punto dove fu impiccato e arso Fra’ Girolamo
Savonarola, depongono rami di palme e spargono
petali di rose.
Dopo l'intervento
dell'Autorità, il
Corteo Storico della Repubblica Fiorentina giunto dal palazzo di
Parte Guelfa, riparte e si reca al Ponte Vecchio
per
gettare simbolicamente i fiori in Arno.
"Questa cerimonia ha origine dalla spontanea iniziativa popolare
che vide, la mattina dopo la morte del predicatore, il luogo del supplizio
coperto
di fiori.
Girolamo Savonarola, nato a Ferrara
nel 1452, iniziò la sua
vita religiosa nel Convento di San Domenico a Bologna. Nel 1482 giunse
a Firenze e nel 1491 fu eletto priore del Convento di San Marco. Dotato
di parola persuasiva e trascinante, predicò una riforma del
costume nel clero e nel popolo sostenendo, contro la Signoria dei
Medici, la Repubblica fiorentina costituita sotto l’egida del
Cristo.
In occasione delle feste di Carnevale, per riportare i costumi dei
cittadini all’antica austera semplicità e moralità,
mettendo al bando ogni sorta di frivolezze, il Savonarola organizzò il "bruciamento
delle vanità", cioè la distruzione dei libri ritenuti "disonesti,
lascivi e vani", presi dalle abitazioni e bruciati sulle piazze
in grandi falò. Ben presto però fu accusato dai suoi
nemici di indisciplina ecclesiastica e di intemperanza religiosa, per
le sue accese prediche contro la corruzione dei costumi, per le apocalittiche
profezie di futuri flagelli a Roma e a Firenze e per erigersi a riformatore
di uno Stato repubblicano. Il Savonarola fu quindi sottoposto a vari
interrogatori, processato e condannato con i suoi due confratelli all'impiccagione
e al rogo.
All’alba del 23 maggio 1498, alla vigilia dell’Ascensione,
i tre religiosi dopo aver ascoltato la Santa Messa nella Cappella dei
Priori nel Palazzo della Signoria, furono condotti sull’arengario
del palazzo stesso dove subirono la degradazione da parte del Tribunale
del Vescovo. Nello stesso luogo vi erano anche il Tribunale dei Commissari
Apostolici e quello del Gonfaloniere e dei Signori Otto di Guardia
e Balìa, questi ultimi i soli che potevano decidere sulla condanna.
Dopo la degradazione i tre frati furono avviati verso il patibolo,
innalzato nei pressi della Fontana del Nettuno in seguito compiuta
dal Giambologna, e collegato all’arengario del palazzo da una
passerella alta quasi due metri da terra. La forca, alta cinque metri,
si ergeva su una catasta di legna e scope cosparse di polvere da sparo
per bombarde. Fra le urla della folla fu appiccato il fuoco a quella
catasta che in breve fiammeggiò violentemente, bruciando i corpi
oramai senza vita degli impiccati. Le ceneri dei tre frati, del palco
e d’ogni cosa arsa furono portate via con delle carrette e gettate
in Arno dal Ponte Vecchio, anche per evitare che venissero sottratte
e fatte oggetto di venerazione da parte dei molti seguaci del Savonarola
mescolati fra la folla. Dice infatti il Bargellini che "ci furono
gentildonne, vestite da serve, che vennero sulla piazza con vasi di
rame a raccogliere la cenere calda, dicendo di volerla usare per il
loro bucato". La mattina dopo, come già detto, il luogo
dove avvenne l’esecuzione apparve tutto coperto di fiori, di
foglie di palma e di petali di rose. Nottetempo, mani pietose avevano
così voluto rendere omaggio alla memoria dell’ascetico
predicatore, iniziando la tradizione che dura tuttora. Il punto esatto
nel quale avvenne il martirio e oggi avviene la ‘Fiorita’ era
indicato da un tassello di marmo, già esistente, dove veniva
collocato il "Saracino" quando si correva la giostra. Questo
lo si rivela da ‘Firenze illustrata’ di Del Migliore, il
quale così scrive: "alcuni cittadini mandavano a fiorire
ben di notte, in su l’ora addormentata, quel luogo per l’appunto
dove fu piantato lo stile; che v’è per segno un tassello
di marmo poco lontano dalla fonte". Al posto dell’antico
tassello per il gioco del Saracino, v’è attualmente la
lapide circolare che ricorda il punto preciso dove fu impiccato e arso "frate
Hieronimo". La lapide, in granito rosso, porta un’iscrizione
in caratteri bronzei."
Tratto da: "Festività Fiorentine" di L. Artusi e
A. Valentini ed. Comune di Firenze 2001