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N. 4 - 21 Maggio 2003

Sommario:

RURALIA nel Parco Mediceo di Pratolino

XXIII Infiorata di Scarperia

La Fiorita

La II marcia di Barbiana Domenica 25
e Convegni:
Venerdi 23 e Sabato 24
nell' "Ottantesimo della nascita di Don Lorenzo Milani"

X Anniversario della Strage di Via dei Georgofili

XXX Mostra dei Ferri Taglienti

Segnalazioni

 

La Fiorita
2003: 505 ° Anniversario della morte di Fra Girolamo Savonarola

La cerimonia della ‘Fiorita’
I colori e i fiori di maggio sono i "protagonisti della rievocazione di un avvenimento storico che segnò la storia di Firenze.
Il 23 maggio di ogni anno in Palazzo Vecchio, alle ore 10.00, viene celebrata la Messa nella Cappella dei Priori. Le autorità comunali, civili e religiose, in corteo, scendono in piazza della Signoria e sulla lapide, nel punto dove fu impiccato e arso Fra’ Girolamo Savonarola, depongono rami di palme e spargono petali di rose.
Dopo l'intervento dell'Autorità, il Corteo Storico della Repubblica Fiorentina giunto dal palazzo di Parte Guelfa, riparte e si reca al Ponte Vecchio per gettare simbolicamente i fiori in Arno.

"Questa cerimonia ha origine dalla spontanea iniziativa popolare che vide, la mattina dopo la morte del predicatore, il luogo del supplizio coperto di fiori.  

Girolamo Savonarola, nato a Ferrara nel 1452, iniziò la sua vita religiosa nel Convento di San Domenico a Bologna. Nel 1482 giunse a Firenze e nel 1491 fu eletto priore del Convento di San Marco. Dotato di parola persuasiva e trascinante, predicò una riforma del costume nel clero e nel popolo sostenendo, contro la Signoria dei Medici, la Repubblica fiorentina costituita sotto l’egida del Cristo.
In occasione delle feste di Carnevale, per riportare i costumi dei cittadini all’antica austera semplicità e moralità, mettendo al bando ogni sorta di frivolezze, il Savonarola organizzò il "bruciamento delle vanità", cioè la distruzione dei libri ritenuti "disonesti, lascivi e vani", presi dalle abitazioni e bruciati sulle piazze in grandi falò. Ben presto però fu accusato dai suoi nemici di indisciplina ecclesiastica e di intemperanza religiosa, per le sue accese prediche contro la corruzione dei costumi, per le apocalittiche profezie di futuri flagelli a Roma e a Firenze e per erigersi a riformatore di uno Stato repubblicano. Il Savonarola fu quindi sottoposto a vari interrogatori, processato e condannato con i suoi due confratelli all'impiccagione e al rogo.
All’alba del 23 maggio 1498, alla vigilia dell’Ascensione, i tre religiosi dopo aver ascoltato la Santa Messa nella Cappella dei Priori nel Palazzo della Signoria, furono condotti sull’arengario del palazzo stesso dove subirono la degradazione da parte del Tribunale del Vescovo. Nello stesso luogo vi erano anche il Tribunale dei Commissari Apostolici e quello del Gonfaloniere e dei Signori Otto di Guardia e Balìa, questi ultimi i soli che potevano decidere sulla condanna. Dopo la degradazione i tre frati furono avviati verso il patibolo, innalzato nei pressi della Fontana del Nettuno in seguito compiuta dal Giambologna, e collegato all’arengario del palazzo da una passerella alta quasi due metri da terra. La forca, alta cinque metri, si ergeva su una catasta di legna e scope cosparse di polvere da sparo per bombarde. Fra le urla della folla fu appiccato il fuoco a quella catasta che in breve fiammeggiò violentemente, bruciando i corpi oramai senza vita degli impiccati. Le ceneri dei tre frati, del palco e d’ogni cosa arsa furono portate via con delle carrette e gettate in Arno dal Ponte Vecchio, anche per evitare che venissero sottratte e fatte oggetto di venerazione da parte dei molti seguaci del Savonarola mescolati fra la folla. Dice infatti il Bargellini che "ci furono gentildonne, vestite da serve, che vennero sulla piazza con vasi di rame a raccogliere la cenere calda, dicendo di volerla usare per il loro bucato". La mattina dopo, come già detto, il luogo dove avvenne l’esecuzione apparve tutto coperto di fiori, di foglie di palma e di petali di rose. Nottetempo, mani pietose avevano così voluto rendere omaggio alla memoria dell’ascetico predicatore, iniziando la tradizione che dura tuttora. Il punto esatto nel quale avvenne il martirio e oggi avviene la ‘Fiorita’ era indicato da un tassello di marmo, già esistente, dove veniva collocato il "Saracino" quando si correva la giostra. Questo lo si rivela da ‘Firenze illustrata’ di Del Migliore, il quale così scrive: "alcuni cittadini mandavano a fiorire ben di notte, in su l’ora addormentata, quel luogo per l’appunto dove fu piantato lo stile; che v’è per segno un tassello di marmo poco lontano dalla fonte". Al posto dell’antico tassello per il gioco del Saracino, v’è attualmente la lapide circolare che ricorda il punto preciso dove fu impiccato e arso "frate Hieronimo". La lapide, in granito rosso, porta un’iscrizione in caratteri bronzei."
Tratto da: "Festività Fiorentine" di L. Artusi e A. Valentini ed. Comune di Firenze 2001

 

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Pagina pubblicata il 21 05 2003 - Aggiornato il 03-Ott-2012