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"Il
tesoro liturgico dell'ospedale di Santa Maria Nuova di Firenze"
"Contributi
alla storia della collezione liturgica dell'Ospedale di Santa
Maria Nuova di Firenze"
©www.zoomedia.it
23 aprile 2009
vanna innocenti
"Il tesoro liturgico dell'ospedale di Santa Maria Nuova di Firenze"
Particolare del fregio restaurato, San Giovanni, del Paliotto, manifattura
fiorentina della metà del XV secolo proveniente dai depositi dell'Ospedale
di Santa
Maria Nuova. |
CONTRIBUTI ALLA STORIA DELLA COLLEZIONE LITURGICA
DELL’OSPEDALE
DI SANTA MARIA NUOVA DI FIRENZE
La collezione liturgica dell’ospedale
costituita da oggetti propriamente legati al culto e alla pratica religiosa – attualmente
suddivisa nei nuclei delle Oblate di Careggi e di Santa Maria Nuova – ha
univoca formazione nello stretto rapporto che fin dalla costituzione
dell’ospedale
(1288) viene ad associare la
cura del corpo alla prioritaria cura dell’anima. Ne sono prime
testimonianze le intenzioni dello stesso
fondatore, Folco Portinari, che al momento di dotare la nascente struttura
ospedaliera di proprietà
immobiliari per il suo sostentamento, assegnava queste ultime alla casa
in cui “ha fatto rizzare l’altare
[…] e posta la pietra benedetta” e non all’ospedale
vero e proprio a cui lasciava quelle sole masserizie
legate allo stretto uso assistenziale a cui era destinato.
Il crescente ruolo sociale e assistenziale che Santa Maria
Nuova consegue all’interno di Firenze, si
accentua nel 1312 con l’acquisizione della limitrofa proprietà di
Sant’Egidio composta da una chiesetta
con annesso piccolo convento.
Il patrimonio liturgico inizia così ad accrescersi progressivamente
grazie alle donazioni di papi e prelati
e ai corredi personali dei religiosi addetti alla conduzione dell’istituzione,
soprattutto spedalinghi e
camarlinghi. Altre volte è l’ospedale che, a seguito di
cospicui lasciti testamentari, decide di predisporre
la confezione di paramenti a ricordo del testatore.
Al di là della testimonianza religiosa, l’apparato liturgico
con le sue suppellettili d’argento, le vesti di
tessuti preziosi (damasco, broccato, seta) rappresenta una parte della
ricchezza dell’ospedale non
indifferente e, come tale, suscettibile – in particolari circostanze
politico-sociali (emergenze pestose o
belliche) – di essere occultato, venduto o confiscato come accade
in occasione dell’assedio del 1528.
La consistenza della collezione si accentua con il consolidamento
del potere mediceo. L’Inventario del
1588 è interessante non solo per quantificare gli oggetti presenti
a questa data, ma anche perché, per la
prima volta, viene segnalata una collocazione differente dagli ambienti
meramente ecclesiali di
Sant’Egidio e delle stanze a essa annesse. Infatti, a quanto conservato
nella chiesa, si aggiungono “le
robbe attenenti della sagrestia che stanno dalle nostre Monache”.
Dunque, a questa data – ma forse
risalente agli anni dell’assedio – l’apparato liturgico
(evidentemente quello più prezioso) aveva iniziato
ad abbandonare il sito di collocazione originaria nella chiesa e sacrestia
di Sant’Egidio per essere
depositato sotto la custodia delle Oblate.
Il secolo XVIII è fondamentale per la storia della collezione
che testimonia un progressivo
orientamento laicizzante, evidente anche nel fatto che dall’Inventario
del 1707 iniziano a essere riportati
i valori singoli degli oggetti più pregiati mentre i restanti
vengono accorpati per tipologie dalla stima
complessiva.
Questo orientamento si rafforzerà nel corso del
Settecento, accentuandosi nelle finalità puramente
finanziarie degli inventari ottocenteschi.
Dalla metà dell’Ottocento – in
sintonia con il processo di trasformazione medico-scientifica
e di
riflesso, strutturale – del Santa Maria Nuova, iniziano
le vendite e le cessioni di tutto ciò che l’ottica
razionalista della moderna medicina e pratica strumentaria considera
materiale avulso dalle finalità di un
ospedale che si avvia a intraprendere il cammino della modernizzazione.
Il tesoro liturgico, all’unisono di altre collezioni (strumentarie,
scientifiche, mineralogiche, ecc. che
rappresentano, in questo momento, episodi di un elargire e intendere
la sanità di secoli lontani)
costituirà quel corpus di oggetti che la società borghese
designa come ‘minori’ (con l’eccezione del
libro corale miniato, del calice cesellato, del parato appartenente
a personaggi
illustri) sottraendoli dalla cura
statale per destinarli alla progressiva dispersione e alienazione
grazie a intenti privati prettamente
speculativi.
La fine dell’Ottocento consolida la dispersione degli
arredi: le trasformazioni strutturali che
interesseranno l’ospedale tra il 1881 e il 1894 comporteranno
la costituzione di nuovi – pur modesti –
luoghi di culto che verranno dotati di apparati (così come
lo richiederanno i nuovi ospedali della
Maternità e del Meyer e, dal 1912, di Careggi) con ovvio
trasferimento di oggetti che, pur restando di
proprietà dell’Arcispedale, verranno sottoposti
ad altre direzioni.
Anzi, in questi decenni del Novecento si produce
una più significativa
scissione delle due collezioni che,
con il trasferimento nel 1936 delle Oblate nella villa di Careggi,
verranno a diversificarsi
definitivamente. Con la partenza delle suore da via Sant’Egidio,
infatti, partirà anche la maggior parte di
quanto, per secoli, avevano custodito per Santa Maria Nuova,
a eccezione di una parte di suppellettili (e
ancora di altri dipinti) che erano restati nel residuo nucleo
conventuale al di là della piazza fino al
momento in cui, nel 1938, si era concretizzata la cessione di
tutto il complesso conventuale al Comune.
In questo frangente, tali apparati erano ‘tornati’ sotto
la diretta responsabilità dei Cappuccini della
chiesa di Sant’Egidio, trovando collocazione in quegli
ambienti che fino a oggi li hanno conservati.
ESTHER DIANA
Centro di Documentazione per la Storia
dell’Assistenza e della Sanità
Il tesoro liturgico dell'ospedale di Santa Maria
Nuova di Firenze 23 aprile - 28 giugno 2009 - Archivio Storico del Comune di Firenze,
Via dell'Oriuolo, 33-35 Firenze apertura in orario 11-14 e 15-18
tutti
i venerdì, sabato e domenica ad ingresso
gratuito