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Firenze

Palazzo Pitti - Caravaggio e Caravaggeschi a Firenze
Introduzione alla mostra di Cristina Acidini

Nell'immagine, nella Sala del Fiorino di Palazzo Pitti, un momento della conferenza di presentazione della mostre "Caravaggio e Caravaggeschi a Firenze" e "Caravaggio e la modernità. I dipinti della Fondazione Longhi", dal 22 maggio – 15 ottobre 2010. La mostra è stata voluta in occasione del quarto centenario della morte del Caravaggio. Alla presentazione hanno preso parte con Cristina Acidini, Soprintendente Speciale e del Polo Museale Fiorentino e Matteo Renzi, Sindaco di Firenze, Mario Resca, Direttore Generale per la valorizzazione del patrimonio culturale del Ministero dei Beni Culturali; Alessandro Zuccari, Rappresentante del Comitato Nazionale del IV Centenario della morte del Caravaggio; Gianni Papi, ideatore della mostra e curatore dell'omonimo catalogo (ed. Giunti) catalogo; Antonio Natali e Stefano Casciu, curatori delle due sezioni della mostra: nella Galleria degli Uffizi e nella Galleria Palatina; Mina Gregori, curatrice della mostra e del catalogo della mostra dei dipinti della Fondazione Roberto Longhi allestita nella Villa Bardini; Marcella Antonini della Fondazione Ente Cassa Risparmio di Firenze.


© www.zoomedia.it vanna innocenti 21 05 2010 - Firenze
"Caravaggio e Caravaggeschi a Firenze" - Nell'immagine un momento della presentazione di Stefano Casciu, curatore della sezione della Galleria Palatina in questa mostra e nuovo Soprintendente di Modena e Reggio.

Caravaggio e Caravaggeschi a Firenze
- Introduzione alla mostra di Cristina Acidini

"A quarant’anni precisi dalla mostra curata da Evelina Borea, Caravaggio e caravaggeschi nelle Gallerie di Firenze, nel quarto centenario dalla morte del Merisi non si poteva non tornare a occuparsi di questo argomento, ponendolo sotto l’epigrafe di un titolo pressoché identico, ma immettendo nelle ricerche e nelle scelte preparatorie per la mostra e per il catalogo i succhi della copiosa bibliografia che si è venuta addensando sugli scaffali delle nostre biblioteche, nonché le primizie di reperti archivistici, nuove attribuzioni, risultanze critiche provenienti da recenti restauri.

È la faccia caravaggesca della pittura del Seicento a Firenze, quella che la mostra – articolata eccezionalmente nelle due più prestigiose pinacoteche, la Galleria degli Uffizi e la Galleria Palatina – presenta in una rivelazione che non mancherà di sorprendere il pubblico dei visitatori e, ho ragione di credere, più di qualche addetto ai lavori. Perché quale immagine offre di sé nella pittura Firenze dei primi trent’anni e poco più del Seicento, la Firenze che aspetta Pietro da Cortona e con lui il Barocco?

Fior di pubblicazioni ampiamente illustrate, dal repertorio di Giuseppe Cantelli del 1983, al catalogo in tre volumi della fondamentale mostra del 1986 curata da Mina Gregori quale summa dei suoi numerosissimi contributi bibliografici, fino ai recenti dizionari – l’uno di Francesca Baldassarri, l’altro di Sandro Bellesi, usciti entrambi nel 2009 – danno conto dell’incantevole quanto frastornante pluralismo di espressioni artistiche ad alto tasso di individualismo, che non si ramificano in correnti né si aggregano in scuole, il più riconoscibile e certo dei legami tra l’uno e l’altro artista restando quello, ereditato da una gloriosa prassi plurisecolare, del rapporto maestro-allievo. E nella rigogliosa varietà della pittura di questo trentennio, che ancora attende una definizione e meglio se più d’una, non si può non riconoscere lo sboccio di semi e talee piantati nel secolo prima, a partire grosso modo dagli anni Ottanta quando, arenatasi sulla spiaggia dello Studiolo di Francesco I l’estrema spuma scintillante della squisita Maniera tosco-romana (più tosco che romana), si era fatta strada una “riforma” della pittura che reclamava sodezza di forma, naturalità di luce, piana leggibilità di narrativa, comunicativa affettuosa e poetica nel sacro come nel profano. Mentre i capricci lineari e volumetrici delle invenzioni propagate dal Buontalenti, dai cartigli dello stile “auricolare” alle suggestioni teratomorfe ai giochi di frontoni spezzati e invertiti, si trasferivano armi e bagagli nella grafica e nelle arti applicate, dove avrebbero prosperato indisturbati per decenni.

Le grandi imprese artistiche collettive dal 1580 al 1620 e passa – chiostri, apparati, mortorii – abituavano a collaborare tra loro stuoli di pittori che poco o nulla avevano in comune, se non la deferenza al Disegno, padre accademico di tutte le Arti, e la rilegatura lasca di un identico formato entro schemi architettonici seriali. Era il trionfo di una varietà espressiva mai prima sperimentata, che ci piace far corrispondere all’accogliente possibilismo ufficiale del tempo di Ferdinando I, ereditato dal successore Cosimo II, troppo presto scomparso nel 1621.

La «normalità del racconto alla toscana» (così Mina Gregori, in Il Seicento, 2001, p.10), lo stile fiorito alla Matteo Rosselli, la parlata celebrativa della decorazione murale, l’importazione di tratti veneti e parmigiani ma anche il recupero di grandi maniere pittoriche del secolo precedente da Andrea del Sarto al Bronzino al Barocci, e altro ancora, coesistono senza conflitto apparente in un amalgama variegato dove ogni committente – granducale o borghese, secolare o ecclesiastico – par trovare la risposta alle proprie aspettative, così come ogni pittore, pur entro una fisiologica competitività, sembra ricavare i propri spazi di lavoro e di apprezzamento.

Ci si può chiedere, allora, – e questa mostra se lo chiede, dando ben argomentate risposte – quale fosse l’accoglienza riservata a Firenze alla pittura del Caravaggio, rappresentata al tempo di Cosimo II e, dopo la sua morte, delle Serenissime Tutrici, da un numero importante di quadri riconducibili al Merisi; e quale poi la ricezione dei seguaci, presenti chi di persona a Firenze come Artemisia Gentileschi, Battistello Caracciolo, Theodor Rombouts, e chi attraverso le proprie opere, provenienti dal mercato internazionale. A voler sottolineare il rapporto tra la pittura dei primi decenni del Seicento con la musica (come si usa fare, creando paralleli coll’innovativo “recitar cantando” teorizzato e praticato dalla Camerata de’ Bardi), si è andati a cercare, per rubare una ben riuscita espressione ad Anna Dolfi in un suo discorso pubblico, «la voce scura del vero»: in quali stanze, con quali note risuonasse.

Ne vien fuori anzitutto che il primato della corte nel ricevere, ricercare, commissionare e acquisire i dipinti della compagine dei pittori naturalisti di matrice caravaggesca non è da mettere in discussione, anzi: la passione originale di Cosimo II per questi quadri, già portata allo scoperto nella mostra del 1970, viene ampiamente confermata. Ma ora qualche cenno a questa mostra che, nell’imperniarsi sui ben otto quadri di Caravaggio che le collezioni fiorentine possono vantare in base a certezze tanto antiche, quanto modernamente acquisite, ne presenta altri novanta che esemplificano, e pressoché sempre al livello qualitativo del capolavoro, l’intero arco dei pittori da definire seguaci del Caravaggio nel senso più pieno e completo oppure, come alcuni fiorentini, sensibili per un periodo almeno a una suggestione potente, di cui restò l’impronta in certi loro quadri.

I dipinti del Caravaggio bastano da soli a sbalordire, coprendo l’arco dell’intera sua vita d’artista: dai giovanili Bacco e Medusa così didascalicamente agli estremi della sensualità e dell’orrore, – al Sacrificio di Isacco del primo lustro del Seicento che stempera il dramma del primo piano nel raro fondale paesistico, all’efferato Cavadenti che vien qui posto all’origine dei quadri di “mezze figure” (peraltro più piacevoli) di Manfredi e van Honthorst, al pensoso Cavaliere di Malta, allo struggente Amorino dormiente, al magnetico Ritratto di cardinale detto “Baronio”, del quale si propone l’attribuzione anche in seguito alle rivelazioni operate dal restauro. Pure per il vitale e ironico Maffeo Barberini di proprietà privata, in favore della cui autografia si era già espresso Papi, il recentissimo restauro impone una riconsiderazione approfondita. Il meticoloso, ponderato e sensibile incrocio di documenti e di osservazioni attributive esercitato dal curatore Gianni Papi, dalla decana degli studi caravaggeschi Mina Gregori – che per quanto impegnata nella cura della mostra caravaggesca della Fondazione Longhi ci ha fatto l’onore di partecipare al catalogo contribuendo con un saggio e le schede di tre opere fondamentali –, dal collega e conoscitore Keith Christiansen, insieme con l’impegno dei direttori e studiosi parimenti coinvolti, consentono di valorizzare questo strepitoso nucleo di quadri riconducibili al Caravaggio stesso, facendo di Firenze, dopo Roma naturalmente, un’autentica città caravaggesca. A questo primato si affianca nelle raccolte fiorentine, come prima si accennava, quello della presenza, con soggiorni o invii di opere, dei massimi seguaci del Caravaggio nei due decenni dopo la morte di lui. Perché la città rivivesse una paragonabile ondata di “arrivi” caravaggeschi si dovrà attendere il XX secolo, allorché Roberto Longhi stabilì qui la sua prodigiosa collezione culminante nel Ragazzo morso dal ramarro, che da ora luogo a una mostra ulteriore a Villa Bardini.

La famiglia granducale, va sottolineato, non solo fu sin dall’inizio, ma rimase pressoché in esclusiva l’architrave dell’accoglienza fiorentina al naturalismo di segno caravaggesco, essendo gli altri potenziali committenti e acquirenti di tale espressione artistica alquanto tiepidi, e nel contempo mostrando i pittori fiorentini, nei confronti d’essa, una prudenza stigmatizzata a suo tempo dalla Borea come «scarsissima recettività». Tuttavia, per vicinanza e imitazione cortigiana o per personale convincimento in sintonia di politica e di gusto con la corte (dove peraltro alla Medusa fu subito smorzato l’eccesso d’orrore inquadrandola nel ruolo di oggetto da parata militare, mentre il Bacco avrebbe conosciuto l’ameno esilio vitivinicolo della Villa di Artimino), anche personaggi come Francesco dell’Antella, Piero Guicciardini, Michelangelo Buonarroti il Giovane sostennero parti importanti nella ricezione del Caravaggio e di suoi grandi epigoni di prima generazione, come Francesco Boneri detto Cecco del Caravaggio e Artemisia Gentileschi.
Per quanto il Guicciardini rimanesse sconcertato dalla balenante Resurrezione di Cecco destinata alla cappella di famiglia: e da quello sconcerto dipesero il mancato arrivo da Firenze del gran quadro, poi il suo approdo a Chicago, e ora la sua assenza dalla mostra perché il museo proprietario ha ritenuto di non poterlo prestare. E per quanto il Buonarroti ottenesse da Artemisia una figura femminile di celestiale soavità, figlia unica rispetto a una nutrita sorellanza di ben più temibili starke Frauen, tra le quali va annoverata, per restare a Firenze, la Giuditta degli Uffizi.

E dunque: ricezione e diffidenza, entusiasmi e prese di distanza fecero vivere al naturalismo caravaggesco una sua intensa ancorché contraddittoria stagione fiorentina, che questa mostra evoca con seducente dovizia dando il necessario spazio a una gran La «voce scura del vero» torna a farsi sentire, parlandoci di un’alternativa artistica che si presentò alla pittura fiorentina del primo Seicento ma che non fu prescelta, di una strada che si aprì dinanzi ai committenti e agli artisti ma che non fu percorsa, se non per breve tratto e fra reticenze. Una storia dunque “molto” fiorentina, che mette in scena la ricorrente dialettica tra il “forestiero” e il locale, tra l’innovazione e la conservazione, tra la sperimentazione e la certezza: una dialettica che ben conosciamo e con la quale siamo abituati a convivere, predicendone perfino, con buon grado di approssimazione, gli esiti.

Oltre a condividere i ringraziamenti del curatore e dei direttori della mostra, esprimo la mia più sentita gratitudine per il Comitato Nazionale presieduto da Maurizio Calvesi, per il Comitato Scientifico della mostra, per i partner che hanno condiviso questa, come le altre iniziative espositive di Un Anno ad Arte 2010 e delle precedenti edizioni: l’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, Firenze Musei. E a tutti i prestatori, pubblici e privati, nonché alla Fondazione Longhi, d’iniziativa della presidente Mina Gregori, che ha fatto coincidere con la mostra della Galleria degli Uffizi e della Galleria Palatina la propria esposizione a Villa Bardini, portando l’eccezionale contributo del collezionismo longhiano novecentesco alla storia generale del caravaggismo a Firenze. Grazie al sostegno del Comitato Nazionale è stato anche possibile affiancare alla mostra un video dedicato ai medesimi temi, che ci si augura sia strumento per raggiungere un pubblico ulteriore, e specialmente i giovani e giovanissimi delle scuole."

Altre informazioni su eventi e mostre a palazzo Pitti e nel giardino di Boboli:
- indice
- Firenze Capitale 1865 - 2015. I doni e le collezioni del Re
- Carlo Dolci 1616-1687 - Jacopo Ligozzi" pittore universalissimo" (Verona 1549 c. - Firenze 1627)
- Una volta nella vita.Tesori dagli archivi e dalle biblioteche di Firenze - "Giappone Terra d'incanti"
- Lusso ed eleganza. La porcellana francese a Palazzo Pitti e la manifattura Ginori (1800-1830)
- presentazioni
- nella Sala Bianca: "Restituzioni 2011. Tesori d'arte ritrovati" - Caravaggio - L'arma per l'Arte - Archivi della Moda del '900
- nella Galleria d'Arte Moderna: Luci sul '900. Il centenario della Galleria Arte Moderna d Palazzo Pitti 1914-2014 - "Da Boldini a De Pisis. Firenze accoglie i capolavori di Ferrara" - "Dagli splendori di corte al lusso borghese. L’Opificio delle Pietre Dure nell’Italia unita" - "Dalle icone a Malevich" - "Ruggito" - "L’altra faccia dell’anima. Ritratti di Giovanni Fattori" - "Musica in scena" - "Arte e manifattura di corte a Firenze"
- nella Galleria Palatina: "La Bella" di Tiziano restaurata.
- nella Galleria del Costume: Il catalogo della mostra: "Omaggio al Maestro Piero Tosi. L’arte dei costumi di scena dalla Donazione Tirelli - "Arazzi d'autore"
- nel Museo degli Argenti: "Lapislazzuli. Magia del Blu " - "Vinum Nostrum" - "Pregio e bellezza.Cammei e intagli dei Medici" - "Memorie dell'Antico nell'arte del Novecento" - "I Medici e le scienze"
- eventi nel Giardino di Boboli: (eventi a Boboli della sezione giardini) - "Prospettive vegetali" nel giardino di Boboli - Da Petra a Shawbak. Archeologia di una frontiera - Il giardino antico da Babilonia a Roma
Archivio 2007 e mostre passate - La Meridiana di Palazzo Pitti

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Pagina pubblicata il 06-2010 - Aggiornato il 15-Dic-2015