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Museo Archeologico Nazionale di Firenze
Indice - La Chimera

© www.zoomedia.it vanna innocenti 2009

Un simbolo fiorentino: la Chimera - Il mito

Chimaitra, in greco, significa capra.
Era, infatti, un mostro della mitologia greca che portava sulla schiena una testa di capra; il corpo e la testa di leone con la coda a forma di serpente era talvolta rappresentato alato. Omero ed Esiodo la narrano come figlia di Tifone.
La Chimera fu uccisa da Bellerofonte, l'eroe ritenuto da alcuni figlio di Posidone; Bellerofonte fu capace di catturare e domare il cavallo alato Pègaso e con lui riuscì ad uccidere la Chimera. La Chimera del Museo Archeologico di Firenze è rappresentata ferita mentre si sta lanciando sul suo aggressore, con la testa di capra reclinata e morente per le ferite ricevute; la coda, frutto di un restauro del '700 non corretto, avventa la capra invece del nemico. Viene supposto, dal tipo di ferita sanguinante sul collo della capra, che la Chimera facesse parte di un gruppo scultoreo composto anche da Bellerofonte sul Pegaso; non è esclusa però l'ipotesi che si trattasse di un dono votivo a se stante.

Direttore del Museo Archeologico, G. Carlotta Cianferoni e la Chimera.
© www.zoomedia.it - vanna innocenti 2009
Il Direttore del Museo Archeologico, G. Carlotta Cianferoni, mentre
illustra la partenza della Chimera per il Getty di Los Angeles per la
mostra che si aprirà il 16 luglio 2009 fino al febbraio 2010 stabilita in
accordo fra il Dir. Generale dei Beni Archeologici Italiani e il Direttore
del J. Paul Getty Museum.


© www.zoomedia.it - vanna innocenti 2009
La conferenza di presentazione con, da sinistra, Fulvia Lo Schiavo, Soprintendente
per i Beni Archeologici, Mary Ellen Countryman, Console Generale degli Stati
Uniti a Firenze, G. Carlotta Cianferoni,
Direttore del Museo Archeologico Nazionale
di Firenze e Giovannangelo Camporeale, Presidente dell'Istituto di Studi Etruschi e dell'Associazione "Amici della Chimera". L'Associazione, tramite una filiazione negli
USA, seguirà da vicino le tre grandi mostre americane dedicate ai prestiti dal Museo
fiorentino: la mostra sulla Chimera, la successiva dedicata ai grandi bronzi e in
ultimo la mostra annunciata come "epocale" dedicata agli Etruschi.

La Chimera: dalla scoperta al Museo Archeologico.
La Chimera fu rinvenuta il 15 novembre del 1553, come informa, con dovizia di particolari, una Deliberazione del Comune di Arezzo: “Mentre fuori delle mura di Arezzo, presso Porta San Lorentino, veniva scavata terra destinata a realizzare un nuovo bastione, fu scoperto un insigne monumento etrusco.
Si trattava di un leone di bronzo, di grandezza naturale, eseguito in modo elegante e ad arte, feroce nell’aspetto, minaccioso per la ferita che aveva nella zampa sinistra, che aveva le fauci aperte e i peli della giubba eretti e portava sul dorso, a guisa di trofeo, la testa di un capro sgozzato, morente e
insanguinato…. Il nostro Principe comandò che quest’opera così eccellente fosse portata a Firenze assieme a molte piccole statue di fanciulli, uccelli e animali rozzi, fra i quali anche un cavallo, alte un piede ciascuna, trovate assieme
”.

È dunque evidente che la statua faceva parte di una vera e propria stipe votiva e lo conferma anche il Cellini, riferendo che la Chimera fu trovata insieme con un gran numero di statuette, anch’esse di bronzo ma di minori dimensioni, molte delle quali mancanti di testa, mani o piedi, e “coperte di terra e di ruggine”, tanto che il granduca Cosimo I si occupò personalmente di pulirle e restaurarle “con certi cesellini da orefici”. Purtroppo, al momento, tra i bronzi antichi provenienti dalle collezioni mediceo-granducali, sono stati individuati solo tre bronzetti sicuramente riconducibili alla stipe di cui faceva parte la Chimera: si tratta di due offerenti, un uomo barbato (identificato con Tinia, lo Zeus del pantheon etrusco), ed un giovanetto imberbe, oltre ad una figura di grifo alato.

Il ritrovamento della Chimera si colloca in un periodo in cui i Medici cercavano in ogni modo di evidenziare il passato etrusco della Toscana, nel tentativo di giustificare nel presente le mire espansionistiche dello stato fiorentino che, secondo Cosimo I, doveva corrispondere al territorio in antico dominato dagli Etruschi, e quindi estendersi dall’Appennino al Tirreno, avendo come confini il Magra a Nord e il Tevere a Sud. Per Cosimo, dunque, e per l’ambiente mediceo di quegli anni, la scoperta della Chimera rappresentò una fortuita quanto fortunata coincidenza. Anche per questo, il Granduca volle la statua presso di sé e la fece sistemare nella sala adiacente “ alla gran sala del Palazzo”. La sua successiva collocazione nella sala di Leone X in Palazzo Vecchio obbediva al programma decorativo della residenza medicea ideato dal Vasari, dal momento che il più prestigioso cimelio dell’etruscità toscana, noto a quei tempi, simboleggiava ormai tutte le fiere che Cosimo aveva dovuto domare per costruire il suo regno.

La statua rimase lì dove l’aveva voluta il Vasari fino al 1718 quando, il 12 gennaio, il consegnatario della Guardaroba annotò che, per ordine di Cosimo III, la Chimera, “la quale esisteva nel salotto di Papa Leone sopra di una base di pietra accanto alla scala, fu consegnata” a Francesco Bianchi custode della
Galleria.

Solo nel 1782, per intervento di Luigi Lanzi, allora Curatore della Galleria, la Chimera, insieme alla Minerva, all’Arringatore e all’Idolino, venne collocata “là ove il corridore piega a mezzodì”, come testimonia un disegno del 1750, dove la statua appare ancora senza il restauro settecentesco, e quindi priva della coda. Si rileva infatti che, per quanto insieme ai pezzi portati a Firenze fosse presente un frammento della coda, teste il Vasari, questa non venne mai ricomposta. L’intento di Lanzi era quello di isolare i pezzi più prestigiosi della collezione e di eseguire anche alcuni interventi di conservazione.

Per quanto riguarda la Chimera, il restauro comportò proprio l’invenzione ex novo della coda, che si deve a Francesco Carradori, docente dell’Accademia di Belle Arti di Firenze.
Non è chiaro da dove quest’ultimo abbia tratto ispirazione per rappresentare il corpo del serpente in atto di azzannare le corna del capro; sta di fatto che si tratta di un’interpretazione che non trova riscontri nell’iconografia nota. Dall’originaria collocazione nella Galleria degli Uffizi, il grande bronzo entrò poi a far parte delle collezioni del Regio Museo Archeologico di Firenze, all’atto della sua costituzione nel 1870; qui, nel Palazzo della Crocetta, l’allora Direttore del Museo, Luigi Adriano Milani, costituì la “ Galleria dei Bronzi” proprio intorno all’ormai celebre statua etrusca.
Di G. Carlotta Cianferoni

Altre immagini ed informazioni del Museo Archeologico Nazionale sono nelle pagine degli eventi e degli incontri:

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Restaurata la Testa di Cavallo Medici Riccardi

"I colori perduti dell'antichità i Marmi di Ascoli Satriano" in confronto diretto con il "Sarcofago delle Amazzoni"

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Motivi Egizi nel Cimitero degli Inglesi. La speranza nella vita oltre la morte” dal 23 settembre 2006 al 27 maggio 2007 nel Museo Archeologico Nazionale - Firenze

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"Slovacchia: crocevia della storia d'Europa" - Museo Archeologico dal 24 settembre 2005 al 15 gennaio 2006

"Cinque sensi e il piacere della vita nell'Antico Egitto" al Museo Archeologico Nazionale di Firenze, in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio 2005

Rificolona 2005:
Il museo Archeologico riapre l'ingresso "storico" sul lato Est della piazza di SS.ma Annunziata - Immagini della serata

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Pagina pubblicata il 15-05-2009 - Aggiornato il 28-Mar-2015