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Firenze
Alla Galleria degli Uffizi

Puro Semplice e Naturale
nell'Arte a Firenze tra Cinque e Seicento

dal 17 giugno 2014 al 2 novembre 2014 - prorogata al 06 gennaio 2015


Puro Semplice e Naturale nell'Arte a Firenze tra Cinque e Seicento in uno scatto tra i riflessi delle teche della VIII sezione della mostra: Pitture di cose". Raffigurazioni e soggetti descrivono il "reale", il "vero", il "naturalismo" nella pittura e nella scultura fiorentina delle cose quotidiane tra il Cinque e Seicento. Composizioni ed elementi innovativi anticipano anche ciò che soloo più avanti nel tempo sarà materia del genere artistico della natura morta.


©www.zoomedia.it vanna innocenti 16 giugno 2014
Puro Semplice e Naturale nell'Arte a Firenze tra Cinque e Seicento è stato sviluppato in un percorso espositivo di IX sezioni attraverso 72 opere, tra sculture e pitture. Le due tavole che si vedono nell'immagine: l'Annunciazione di Jacopo da Empoli del 1609 e, a destra, l'Annunciazione del 1575 di Santi di Tito, esposte della prima sezione: "La novità della tradizione", sono parte del gruppo di "annunciazioni" che evidendenziano "i tratti di cultura che legano i maestri della "Maniera moderna" e la compagine di artisti operanti a Firenze tra istanze di riforma e primo naturalismo seicentesco".

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Siamo ancora nella sezione della "La novità della tradizione"
con l'Annunciazione del 1528 di Andrea del Sarto e, a destra, l'angelo dell'Annunciazione, di figure dialoganti, di Andrea e Marco della Robbia del 1509 realizzate "con un materiale puro e primigenio come la terra e semplicemente coperte di una invetriatura candita".


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Puro Semplice e Naturale nell'Arte a Firenze tra Cinque e Seicento nella seconda sezione trovano spazio "I maestri", quel gruppo di artisti che presero a riferimento il Savonarola e proposero immagini di una "religiosità essenziale ed austera, comprensibile anche ai semplici e agli illetterati". Nell'immagine vediamo, da sinistra, "San Rocco" del 1528 di Andrea Sansovino e le grandi tavole di Fra' Bartolomeo del 1509 e di Mariotto Albertinelli del 1503.


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Puro Semplice e Naturale nell'Arte a Firenze tra Cinque e Seicento nelle "Meditazioi sul naturale" si descrive la funzione del disegno come strumento di ricerca e conoscenza artistica tramite tre tipologie di studi: il modello nudo, l modello panneggiato, il ritratto. Da Andrea del Sarto, al Pontormo, a Santi di Tito, Carlo Dolci, Lorenzo Lippi si cercano e si colgono espressioni e movimenti naturali.


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Puro Semplice e Naturale nell'Arte a Firenze tra Cinque e Seicento nella quarta sezione i riconoscono, da sinistra nell'immagine, le opere del Bronzino, di Alessandro Allori, la "Legge nuova" e la "Legge vecchia" del 1579, i due marmi di Domenico Poggini riuniti.


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Il "Seicento contromano" è il titolo della quinta sezione di Puro Semplice e Naturale nell'Arte a Firenze tra Cinque e Seicento. La grande sala restaurata degli Uffizi accoglie i dipinti di Santi di Tito, Ottavio Vannini, Lorenzo Lippi, il marmoreo "Cristo risorto" di Antonio Novelli.


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©www.zoomedia.it vanna innocenti 16 giugno 2014
Di Lorenzo Lippi l'impresa dell'accademico della Crusca di Francesco Ridolfi detto il Rifiorito, del 1653.

La mostra fa parte della rassegna Firenze 2014. Un anno ad arte", ne riportiamo l'introduzione. "Giorgio Vasari nelle pagine delle Vite (1568) assegnava un ruol fondativo nella ‘rinascita’ dell’arte moderna ai fiorentini Andrea del Sarto e fra’ Bartolomeo, affiancandoli ai triumviri Leonardo, Raffaello e Michelangelo. Eccellente e di elevato ingegno, la loro produzione, incardinata sull’esercizio costante del disegno, si segnalava per onestà d’invenzione e perfetta imitazione della natura, dalla carne alla vivezza degli affetti.
Oltre un secolo dopo Filippo Baldinucci nelle Notizie de’ professori del disegno (1681-1728), confermando il dettato vasariano, vedeva nella fedeltà ai valori espressi da quei capofila di primo Cinquecento la strategia necessaria per superare l’impasse manierista, e al tempo stesso per istituire un linguaggio moderno, aderente alle nuove esigenze spirituali proprie del Concilio di Trento. In questo quadro il registro neorinascimentale di Santi di Tito e di Jacopo da Empoli, insistentemente sottolineato dallo storiografo, costituiva la ragione essenziale per riconoscere a questi due maestri il ruolo di riformatori delle arti figurative a Firenze sullo scadere del Cinquecento.

La strenua difesa, al limite dell’autarchia, di una tradizione fiorentina fondata sulla perfetta misura e serena espressività, intimamente confidenziale, interessata alla resa accostante del dato quotidiano, in una semplicità di schemi talora arcaizzante, dalla tecnica pittorica nitida e compatta, avrebbe trovato ulteriori paladini fino alla metà del Seicento, in particolare con l’emblematica personalità di Lorenzo Lippi.

Pur dichiarando apertamente la grandezza di questi artisti, Vasari e Baldinucci non nascondevano la loro predilezione, l’uno per una grandeur romana, l’altro per una libera sensibilità barocca, condizionando forse con ciò la fortuna storiografica di questa linea e la sua popolarità. Così solo a partire dagli anni Venti del Novecento con Hermann Voss, e dagli anni Cinquanta e Sessanta con le originali intuizioni e le lucide analisi di Mina Gregori e Fiorella Sricchia, si è cominciato a ritessere quel sottile filo che legava i maestri del primo Cinquecento a quelli del Seicento maturo, precisandone il carattere di novità nella tradizione.

La mostra punta ad illustrare questa identità dell’arte fiorentina, attraverso un ricco e serrato contrappunto tra pittura e scultura, articolato in nove sezioni che raggruppano circa ottanta opere e trentacinque artisti.
Dopo una scenografica ouverture dedicata a due protagonisti emblematici, Andrea del Sarto e Santi di Tito (sezione 1), e dopo un omaggio al disegno dal vero come strumento di conoscenza (sezione 2), nella prima parte della mostra (sezioni 3-6) si potrà seguire in senso diacronico la persistenza di piacevole chiarezza e quieta grandezza di questo corso dell’arte fiorentina, restituendo così, accanto ai maestri fondatori, un più adeguato ruolo ai Della Robbia e ai Sansovino, a Franciabigio, Bugiardini e Sogliani, artisti ‘mediatori’ verso Bronzino, Poggini, Giovanni Bandini e la più tarda generazione di Ciampelli, Tarchiani, Vannini e Antonio Novelli.
Nella seconda parte (sezioni 7-9), si potrà verificare, in un confronto diretto incentrato su tre temi (l’espressione degli affetti, l’evidenza degli oggetti quotidiani, la nobile semplicità degli eventi sacri), l’effettiva consistenza di questo particolare lascito culturale.

Ne scaturisce una connotazione delle arti figurative in linea con le nuove forme di spiritualità variamente ispirate alla tradizione di austerità savonaroliana. Non manca infine un’evidente consonanza con gli svolgimenti puristici del dibattito sulla lingua, elaborati in seno all’Accademia Fiorentina e a quella della Crusca.

La mostra offre dunque l’occasione di sovvertire il luogo comune di una cultura civica fiorentina passatista, disvelando i mutamenti semantici e le istanze di novità insiti nella fedeltà all’antico dei suoi artefici, e dunque, invertendo una celebre formula critica, di mettere in luce la ‘novità della tradizione."


©www.zoomedia.it vanna innocenti 16 giugno 2014
La mostra Puro Semplice e Naturale nell'Arte a Firenze tra Cinque e Seicento è stata promossa dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Toscana, dalla Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze, dalla Galleria degli Uffizi da Firenze Musei con Ente Cassa di Risparmio di Firenze. Nell'immagine si vede un momento della conferenza stampa al primo piano della Galleria degli Uffizi, nel verone che accoglie il "Cratere Medici".

 

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Pagina pubblicata il ottobre - 2014 - Aggiornato il 04-Mar-2016