FERRI PER GUARIRE

LAME E STRUMENTI CHIRURGICI TRA '700 e '800

31 MAGGIO - 15 SETTEMBRE 2002

PRESENTAZIONE
Trapanazione del cranio in una vecchia stampa
All'uomo contemporaneo appare naturale considerare la chirurgia come una branca della medicina che si occupa della salute del paziente con finalità analoghe, anche se con tecniche diverse, rispetto a quelle della medicina interna. Storicamente però chirurgia e medicina hanno conosciuto momenti di totale separazione e, in particolare, per alcuni secoli, fra il basso medioevo e l'età moderna, le pratiche chirurgiche hanno subito una forte svalutazione, dovuta all'azione congiunta dei pregiudizi sociali contro il lavoro manuale e del tabù religioso nei confronti delle operazioni compiute sul corpo umano "con il ferro e con il fuoco". Solo con il Settecento e i Lumi, le diverse vicende di progresso delle tecniche operatorie e di riforma del sistema di reclutamento e di formazione dei chirurghi metteranno fine a tali pregiudizi, dando avvio a un vero e proprio processo di emancipazione culturale e sociale della chirurgia. Nel volgere di un cinquantennio i chirurghi si libereranno della imbarazzante convivenza nella stessa are con barbieri e flebotomi e si emanciperanno almeno in parte dalla tutela esercitata sull'esercizio della chirurgia dai medici laureati (medici fisici, secondo la dizione collegiale allora corrente).
Soltanto con il secolo successivo e i grandi progressi tecnici e scientifici, la formazione dei chirurghi sarà parificata, anche formalmente, a quella medica, e i diversi insegnamenti riuniti in un'unica facoltà universitaria, mentre la diffusione delle due maggiori innovazioni chirurgiche dell'Ottocento, l'anestesia e le pratiche antisettiche, rivoluzioneranno le tecniche operatorie e la concezione stessa della chirurgia. La mostra raccoglie strumenti chirurgici, manuali di chirurgia e altre immagini d'epoca a partire dalla seconda metà del Settecento fino a tutto l'ottocento, permette di cogliere lo sviluppo della chirurgia nelle due fasi appena delineate di emancipazione (XVIII secolo) e di definitiva affermazione (XIX). Essa documenta innanzitutto l'apparizione di una nuova figura di chirurgo, emersa dalle riforme settecentesche: un maestro d'arti, ancora parzialmente escluso dai titoli maggiori, ma già sensibile ai progressi delle conoscenze anatomiche e fisiologiche e aperto alla sperimentazione di nuove tecniche operatorie o di strumenti chirurgici.
Ne sono prova gli incrementi quantitativi e la diversificazione della produzione di ferri chirurgici nel periodo in esame, che è testimoniata dagli strumenti esposti. I progressi sono particolarmente sensibili nel campo delle pratiche connesse alla chirurgia militare, ma anche tecniche operatorie antichissime come la trapanazione del cranio e la litotomia ne sono sconvolte, con l'introduzione, molto bene documentata dalla mostra, di tecniche operatorie innovative e conseguentemente di nuove tipologie di ferri chirurgici.
Particolare è il caso dell'ostetricia, il cui sviluppo è certo legato alla diffusione delle idee illuministiche, che rimossero il pregiudizio religioso contro le donne in gravidanza e il parto e indussero la pubblica amministrazione a un intervento deciso nell'assistenza prestata alle donne in maternità. I ferri esposti documentano tale passaggio: a un primo momento in cui i chirurghi intervenivano solo in caso di gravi complicazioni del parto corrispondono strumenti embriotomici e altri strumenti traenti per l'estrazione del feto morto, mentre alla crescita degli interventi chirurgici fa riscontro la diffusione di strumenti ostetrici da usarsi in condizioni ordinarie, come il forcipe, il cui sviluppo, ben illustrato dalla collezione di ferri esposta, segue un'evoluzione tipica del progresso delle esperienze e delle conoscenze anatomiche. Dalla rudimentale leva di Roonhuysen si passa al forcipe di Chamberlen e a quello di Palfyn, con l'unica curvatura corrispondente a quella cefalica del feto, per poi arrivare, attraverso varie forme di passaggio, ai forcipi di Levret e Smellie, che presentano una seconda curvatura corrispondente a quella pelvica della madre, per concludere impostando in maniera scientifica anche il problema della trazione, risolto dal forcipe di Tarnier soltanto alla fine del XIX secolo.
La mostra prosegue documentando la definitiva affermazione della chirurgia con le acquisizioni dell'anestesia, che permetterà di combattere il primo nemico tradizionale della pratica medica, cioè il dolore del paziente, e delle pratiche antisettiche, che si affermeranno con fatica, ma che presenteranno senza dubbio uno dei maggiori progressi, in termini di vite umane, di tutta la storia universale. A parte alcune illustrazioni, alcune delle quali di assoluto valore storico, la nascita dell'anestesiologia e la scoperta della sespi sono documentate indirettamente dall'evoluzione degli strumenti. Se il chirurgo può operare un paziente incosciente e senza preoccuparsi delle possibili infezioni susseguenti, la durata dell'intervento e la sua profondità si possono allargare a dismisura, permettendo lo studio di operazioni complesse e la nascita di vere e proprie specializzazioni, come la chirurgia addominale, toracica e cranica. Anche gli strumenti risentono di questo nuovo approccio, specializzandosi e rispondendo in maniera sempre più precisa alle nuove esigenze operatorie e alle conoscenze anatomiche e fisiologiche. La mostra, lontana da ogni pretesa di esaustività, presenta alcuni strumenti significativi di questa fase di definitiva affermazione della chirurgia il nostro percorso espositivo.
Roberto Del Buffa
Il castrino: piccola chirurgia al servizio del mondo contadino

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