Storia di persone, luoghi, paesi, monumenti,
oggetti e personaggi della Toscana
12 agosto 1944, Sant'Anna
di Stazzema, Lucca
Intervento di Claudia Buratti in occasione dell'inaugurazione dell'Organo
della Pace il 29 luglio 2007
Era l’estate del 1944.
A seguito della liberazione di Roma, il grosso
della X e della XIV armata tedesca, stava ripiegando verso nord. Le forze
armate tedesche, onde rallentare l’incalzante avanzata degli alleati,
avevano predisposto la costruzione di una linea difensiva che partiva dalla
costa del Mar Tirreno, nella zona tra le province di Massa - Carrara e
Lucca, e terminava sulla costa adriatica, nella zona di Pesaro. La Linea
Gotica.
Proprio in Versilia, date le circostanze avverse che si prospettavano,
l’esercito tedesco cominciò ad accelerare i lavori di costruzione
di questo sistema difensivo decidendo di fare sgomberare l’intera
zona.
La popolazione, non intendendo allontanarsi troppo dalle proprie abitazioni,
lasciandole alla mercé di sciacalli e malfattori, decise di rifugiarsi
in località sicure e non lontane da casa. Gran parte degli abitanti
della pianura cominciarono dunque a dirigersi verso le montagne, luoghi
apparentemente lontani dalla guerra. Uno dei paesi montani che venne ritenuto
tra i più sicuri fu proprio Sant’Anna di Stazzema.
Fu così infatti che gli abitanti di Sant’Anna, in quel periodo,
passarono da 370 a più di 1000 persone, molte delle quali sfollate
da luoghi lontani come La Spezia, Piombino, Genova, Livorno e persino Castellamare
di Stabia.
Nelle montagne, nel frattempo, si era intensificato il contributo
di cooperazione con gli alleati da parte degli uomini della Resistenza.Ovviamente
gli uomini che avevano paura di essere deportati nei campi di lavoro in
Germania stavano all’erta sulle cime dei monti di Sant’Anna.
La
notte dell’11 agosto trascorse relativamente tranquilla. In realtà,
il II battaglione, 35° reggimento, XVI divisione SS si stava
accingendo a salire verso il paese di Sant’Anna per seminare
morte.
Le SS partirono da Pietrasanta e seguirono la strada che
si snoda alle spalle delle montagne di Sant’Anna. Tre squadre
salirono le montagne circostanti il villaggio, circondandolo dall’alto.
La colonna proveniente dall’Argentiera fu avvistata dalla
popolazione verso le 7.30. Gli uomini, allertati, cercarono subito
di nascondersi,
mentre donne e bambini
restarono nelle case.
Il superstite Mauro Pieri, di 13 anni, ricorda
che appena le SS arrivarono fecero uscire di casa tutti quanti
piuttosto malamente
e li incolonnarono verso un’altra località, detta
la Vaccareccia. Mauro ha sempre riferito che le modalità di
spostamento dei civili erano date da un italiano, che parlava
distintamente il dialetto versiliese.
Alla Vaccareccia le persone
furono tutte ammassate in tre stalle.
Una mitragliatrice venne piazzata
fuori, di fronte alle porte,
cosicché chiunque fosse
uscito sarebbe stato falciato dai colpi.
All’improvviso,
le SS aprirono le porte di quei fondi e gettarono sulle persone
bombe a mano, seguirono
le mitragliate e contemporaneamente furono azionati i lanciafiamme.
Qualcuno tentò di uscire ma fu crivellato di colpi.
Soltanto
un bimbo di 13 anni, Ennio Navari, riuscì a fuggire
in mezzo a quella carneficina. Pochi altri, dentro le stalle,
rimasero
feriti, ma si salvarono.
Al Colle,
altra località di Sant’Anna, Lofelia Ghilarducci,
chiese pietà per
la figlioletta Maria Sole di appena 8 mesi. Furono entrambe
massacrate.
Ancora peggio fu per Maria Luisa Ghilardini, sopravvissuta,
quando
si accorse che l’uomo che la stava per uccidere era un
versiliese. Un fascista.
Anche ai Franchi, altra località di
Sant’Anna, arrivarono
le SS.
Chiusi i civili presenti in alcune stanze, li uccisero
senza pietà.
In rari casi furono risparmiate le vite di alcuni.
Sulla Piazza
della Chiesa, invece, circa 138 persone, prelevate dalle loro
case e riunite sulla piazza,
dopo esser state sollecitate da un ufficiale SS a dire dove
erano nascosti gli uomini, furono massacrate senza pietà,
mentre in ginocchio pregavano rassegnate al proprio destino.
Una
donna, Evelina Berretti, quella mattina stava per diventare
madre. Né lei né la creatura che portava in grembo
furono risparmiate.
Le vittime accertate sono circa 437, anche
se si stima che siano più di
500. La difficoltà dell’identificazione è dovuta
ai roghi e alla provenienza da varie località, alcune
anche molto lontane, di molti degli sfollati giunti a Sant’Anna.
L’eccidio
di Sant’Anna fu compreso come imputazione nel processo
a Simon (presso la Corte Militare alleata di Padova, nel 1947)
e a Reder, (Tribunale Militare di Bologna, nel 1951), entrambi
responsabili anche
di altri crimini. A Simon fu commutata la condanna a morte,
in ergastolo, che nel 1950 scese a 21 anni di reclusione. Infine
fu disposto il rilascio
nel 1959. In realtà verrà liberato quattro anni
prima. Reder, invece, per i fatti di Sant’Anna, fu assolto “per
insufficienza di prove”.
La giustizia per il crimine di
Sant’Anna parve fermarsi qui. Invece,
nel 1994, a Roma, a Palazzo Cesi, fu rinvenuto un armadio,
chiuso in un sottoscala, ribattezzato “l’Armadio
della vergogna” che
conteneva 695 fascicoli relativi a stragi nazifasciste commesse
tra il 1943 e il 45. Fra quei documenti vi erano anche quelli
relativi alla strage
di Sant’Anna. In quei carteggi erano indicati i nomi
dei responsabili materiali.
Ben presto i fascicoli della “Vergogna” furono
inviati alla Procura Militare di La Spezia, che dopo accurate
indagini è giunta
a ritenere responsabili ben 10 SS condannate all’ergastolo.
Cinque di costoro hanno impugnato la sentenza del giudice di
prime cure in appello,
sentenza che il 21 novembre 2006 è stata confermata.
Sempre costoro attendono ora il giudizio della Cassazione avendo
impugnato innanzi a tale
Corte la sentenza confermata in secondo grado.
Claudia Buratti
Associazione Martiri di Sant’Anna di Stazzema 12 agosto 1944
INDICE - Inaugurazione
Organo della Pace