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Firenze

Nella Galleria degli Uffizi

Norma e capriccio.
Spagnoli in Italia agli esordi della ‘maniera moderna'

 

“ Comprimarî ”

Presentazione di Antonio Natali Direttore della Galleria degli Uffizi

 

Mostra alla Galleria degli Uffizi

5 marzo – 26 maggio 2013

 

Immagine: San Matteo evangelista di Alonso Berruguete 1526-1532 prestito alla mostra : "Norma e capriccio. Spagnoli in Italia agli esordi della ‘maniera moderna", del Museo National de Escultura di Vallaloid.

“ Comprimarî ”
Presentazione di Antonio Natali Direttore della Galleria degli Uffizi

"Dopo una quindicina d’anni, agli Uffizi, di nuovo si ragiona dell’arte agli esordi del Cinquecento. Stavolta però la riflessione non verte soltanto su Firenze, come accadde a cavallo fra il 1996 e il 1997, quando, quasi nelle stesse stanze del piano nobile dove oggi si torna con una mostra, furono esposti dipinti, disegni e sculture, capaci d’attestare le virtù mirabili, intellettuali e poetiche, che fiorirono in riva d’Arno nella stagione della repubblica del Soderini. Ci si prefisse allora (con l’Officina della maniera) d’illustrare quell’età davvero irripetibile in cui per le strade di Firenze s’aggiravano in contemporanea i tre maggiori artefici (e maggiori non solo di quei tempi): Leonardo, Michelangelo e Raffaello; con un contorno nutrito che non era da meno.

Qualcuno, a mostra chiusa, disse che l’Officina aveva sofferto d’una lettura toscocentrica di quell’epoca luminosa, giacché aveva indotto a considerare Firenze come il luogo dove le idee nuove erano germinate. A vero dire l’intenzione sottesa non era così partigiana. E però bisognerà pure riconoscere che la città toscana, almeno nei primi sette otto anni del Cinquecento, fu pervasa da una vitalità, da una cultura, da una spregiudicatezza e da aspirazioni libertarie, a tal segno vibranti e fiere da costituire una culla ideale per la gestazione di tanti artisti “terrazzani” e un polo d’attrazione per molti artefici “forestieri”. Sarà Roma, allo scorcio del primo decennio, a farsi centro propulsivo dell’espressione figurativa nuova. Ma a Roma, giusto in quei tempi, erano arrivati Michelangelo e Raffaello; e tutt’e due v’erano giunti direttamente da Firenze. Il resto lo fecero il mecenatismo di papi munifici e le antichità superbe, tanto più struggenti perché rovinose.

Non di meno la stessa tensione al monumentale, che avrebbe improntato l’arte a Roma, era già stata sperimentata a Firenze, sia pure con imprese per lo più abortite, purtroppo. Degli apostoli del duomo, allogati nel 1503 a Michelangelo, fu sbozzato solo il San Matteo; la Battaglia d’Anghiari di Leonardo in Palazzo Vecchio andò a male prima d’essere portata a compimento; la Battaglia di Cascina di Michelangelo, sempre per Palazzo Vecchio, non fu nemmeno principiata; l’imponente sepolcro marmoreo di san Giovanni Gualberto (quantunque lasciasse stupefatti per la maestosità) non fu mai montato da Benedetto da Rovezzano, che n’era stato l’artefice; e tant’altro ancora restò imperfetto o allo stadio di proposito. Testimone solitario del sogno di grandezza fiorentino rimaneva, sulla piazza dei Signori, David, il gigante michelangiolesco.

Nella mostra di quest’anno ci si volgerà anche oltre i confini di Firenze, soppesando soprattutto gli apporti allogeni e segnatamente quelli di marca iberica. Fra questi avrà risalto particolare il ruolo giocato da Alonso Berruguete, pittore e scultore di tenore poetico altissimo, venuto in Italia per un soggiorno che sarebbe stato decennale e già nel Cinquecento reputato eminente, se Vasari in più di un’occasione l’annovera nel mazzo selezionato dei più ragguardevoli maestri operosi a Firenze. E lui pure, dopo una puntata iniziale nell’Urbe, non a caso scelse Firenze come luogo di studio e lavoro prima dello scadere dei fatidici anni Dieci del Cinquecento.

Di Alonso e dei suoi conterranei l’esposizione degli Uffizi proporrà di valutare l’ascendente goduto nelle nostre terre e per converso il contributo addotto. Si potrà pertanto meditare su quell’eclettismo linguistico che fu peculiare della “maniera moderna” (specie ai suoi inizi), verificando dal vivo ciò che invero dovrebbe darsi per scontato, e cioè che connaturata all’eclettismo è la reciprocità. E invece la maggior parte delle volte ci si sforza di sancire chi sia la fonte e chi vi s’abbeveri. Anche per questo alle fondamenta degli assunti della mostra attuale c’è un testo longhiano, non a caso titolato Comprimarj spagnoli della maniera moderna. “ Comprimarî ”, appunto, non comparse. E comprimari mi piace chiamare tutti gli storici dell’arte che generosamente hanno accolto l’invito a esser partecipi di quest’esposizione, nata da una bella idea di Tommaso Mozzati."

Indice: Norma e capriccio. Spagnoli in Italia agli esordi della ‘maniera moderna'

 

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Pagina pubblicata il aprile - 2012 - Aggiornato il 05-Ago-2015