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COMUNE DI VICCHIO - Assessorato alla Cultura

Mostra del pittore Carlo Galleni

Saletta Conti Guidi - Piazza Giotto - Vicchio

Inaugurazione: Sabato 13 settembre 1997, ore 17.00

Opening: Saturday September 13 th 1997 at 5:00 PM

Presentazione (di Bruno Becchi, Assessore alla Cultura del Comune di Vicchio)

Note biografiche (a cura di Bruno Becchi)

Inizio  

Presentazione

di Bruno Becchi (ex Assessore alla Cultura del Comune di Vicchio)

Con questa breve pubblicazione di carattere monografico, l'Assessorato alla Cultura del Comune di Vicchio ha inteso rendere omaggio ad un concittadino di recente acquisizione che, attraverso la sua opera, si è affermato con una fisionomia del tutto peculiare nel panorama pittorico, non solo fiorentino e toscano, ma anche nazionale ed internazionale, come dimostra la presenza di alcuni suoi quadri al Museo Nazionale di Varsavia e una sua recente esposizione alla "Galleria d'Arte Bortolotti" nella città tedesca di Dierdorf. Prima di venire a vivere nel nostro paese, Carlo Galleni ha abitato per un cinquantennio a Firenze - dove è nato nel 1920 - nel celebre "Palazzo dei pittori" di viale Milton 49. Fin dalla sua costruzione, che risale al 1880, questo palazzo è stato un luogo d'incontro e un centro di produzione artistica tra i più vivaci del panorama fiorentino. Lì infatti ha risieduto e lavorato un gruppo di artisti, i quali hanno lasciato, ciascuno a suo modo e per ragioni diverse, una traccia non effimera nella pittura del nostro secolo, soprattutto per quanto con cerne gli anni a partire dal secondo dopoguerra.
Del resto, il palazzo di viale Milton era un luogo predestinato a ciò, se fu fatto costruire tra il 1880 e il 1881 dal pittore inglese Lemmon, su disegno dell'architetto Tito Bellini, proprio al fine di ospitare pittori e scultori inglesi, tedeschi e italiani. Il "Palazzo dei pittori" ha una struttura architettonica che lo caratterizza come costruzione tipica del periodo "umbertino", uno stile pressoché coevo al liberty, ma al tempo stesso diverso da esso relativamente all'interpretazione degli spazi e della decorazione.

Al di là, però, del suo significato architettonico, il palazzo di viale Milton ha un indiscutibile valore artistico proprio per il ruolo di centro di produzione pittorica, scultorica e culturale in genere, che ha svolto fin dalle sue origini. Infatti, tra la fine dell'Ottocento e i primi del Novecento, è stato frequentato, ad esempio, dal noto pittore Arnold Böcklin, autore di quadri famosi del tardo periodo romantico tedesco, quali "L'isola dei morti", che riprende alcuni motivi del Cimitero degli Inglesi di piazza Donatello a Firenze, e "Il silenzio della foresta", in cui predominano i cupi silenzi delle foreste nordiche.

Sempre negli anni a cavallo tra i due secoli, il palazzo ha ospitato il pittore post-macchiaiolo Egisto Ferroni, artista molto stimato da quel Giovanni Fattori che della tendenza verista livornese della seconda metà del XIX secolo fu anima ed esponente di spicco. Agli inizi del Novecento, l'edificio di viale Milton è stato frequentato dal poeta e scrittore Gabriele d'Annunzio, che, in quanto tale, è stato esponente di una forma di arte certamente diversa dalla pittura e dalla scultura, ma che per i contenuti, le forme e lo stile ad esse si avvicina non poco. Basti pensare ai cromatismi, alle atmosfere paesaggistiche e alle visioni naturalistiche della Sera fiesolana, della Pioggia del pineto o di Undulna, per citare solo alcune delle sue poesie più note.
Intorno agli anni '30 del nostro secolo vi ebbero lo studio i fratelli Giovanni e Romeo Costetti, lo scultore e pittore Giuseppe Graziosi, la "Scuola fiorentina di pittura" diretta dai professori Rossi e Zardo, i pittori Gianni Vagnetti, Osman De Scolari.

Sempre a partire dall'immediato dopoguerra il palazzo di viale Milton 49 è stato abitato dallo scultore Bruno Bartoccini, dal pittore borghigiano Arrigo Dreoni e da artisti del calibro di Elisa Bottèro, Remo Squillantini, Renato Alessandrini, Anna Romano, Enzo Fanfani, Silvano Galletti e, last but not least, Carlo Galleni, che qui ha risieduto e lavorato dal 1945 al 1995.

Quest'ultimo gruppo, denominato G.A.V.I.M., ovvero Gruppo Artisti viale Milton, proponeva ogni primavera, una mostra dei quadri e delle sculture eseguiti durante tutto il corso dell'anno, aprendo agli amici ed agli estimatori i propri studi e stimolando discussioni vivaci sul modo di vivere ed interpretare l'arte nei suo vari aspetti. Tra i più convinti sostenitori di questo sodalizio pittorico fu anche l'ex Ministro dei Beni Culturali ed ex Presidente del Consiglio e del Senato, Giovanni Spadolini. Del resto, egli aveva mostrato sempre grande sensibilità ed attenzione per l'arte figurativa, sentimenti forse cui non sarà risultato estraneo il fatto di essere figlio di quel Guido Spadolini, apprezzato pittore e incisore, che, spesso accompagnato da Giovanni adolescente, frequentava gli studi dei già ricordati pittori Rossi e Zardo. L'11 marzo del 1944 Guido morì nella zona ferroviaria delle Cure, nel tentativo di salvare alcune donne ferite, durante il bombardamento della stazione di Campo di Marte.

La sorte di questo gruppo di artisti fu segnata dalla vicenda della vendita del palazzo e del conseguente ordine di sfratto dato ai legittimi occupanti. Di tale dolorosa vicenda si occupò in prima persona proprio Giovanni Spadolini, la cui prematura morte, però, avvenuta nell'agosto 1994 ha posto fine ad ogni sforzo volto ad evitare che il palazzo dei pittori venisse sottratto all'arte e fosse così scritta una pagina triste sulla cultura fiorentina e non solo fiorentina. Così, dopo quasi un quindicennio di trattative e di lotte e in seguito ad una gara d'asta che aveva decretato un cambio di proprietà, nel 1995, i nuovi proprietari hanno raggiunto l'obiettivo di vedere esecutivi le disdette e gli sfratti comminati agli storici inquilini. Le ragioni? Quelle rispondenti ad una mera logica economicistica, ovvero destinare l'immobile ad attività più redditizie. Lo sfratto di viale Milton ha spinto Galleni a trovarsi un nuovo angolo di visuale per continuare a produrre le sue opere d'arte, le quali denotano un'accentuata sensibilità del pittore nei confronti della natura e dei vari elementi del paesaggio, che egli raffigura avvolti in un'aura di indefinitezza davvero suggestiva. La sua scelta è ricaduta sul Mugello ed in particolare su quel paese che secoli addietro diede i natali ad artisti di grande fama come Giotto di Bordone e Beato Angelico e che anco oggi mette a disposizione punti di osservazione privilegiati per poter cogliere in uno sguardo d'insieme la superba vallata che si estende ai piedi dell'Appennino tosco-romagnolo. Di Vicchio - che aveva conosciuto qualche anno prima, in occasione di una mostra della "Antica Compagnia del Paiolo" - lo avevano subito colpito il paesaggio, i colori, l'atmosfera.
Pertanto, abbiamo colto l'occasione della prima mostra personale vicchiese di Carlo Galleni per far uscire questa pubblicazione. Lo abbiamo ritenuto un dovere prima ancora che nei confronti di questo importante artista, nei riguardi di tutte le persone amanti delle arti figurative ed in particolare di questa affascinante forma di produzione culturale.

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Note biografiche

(di Bruno Becchi)

Carlo Galleni nasce a Firenze nel 1920 e nel capoluogo toscano trascorre i primissimi anni d'infanzia. Successivamente si trasferisce prima a Massa Carrara, in Versilia, terra di origine della sua famiglia poi a Lucca, dove conclude il ciclo delle scuole elementari e frequenta il Ginnasio "Niccolò Machiavelli". Ritorna comunque spesso a Massa, e con gli zii ed il padre più volte visita le cave di marmo di Colonnata e Fantiscritti, nelle quali i suoi "antichi" hanno lavorato.
Ad uno di questi suoi abituali ritorni risale l'accadimento di un tragico incidente sul lavoro che rimarrà nella mente del pittore come un ricordo indelebile. E' lo stesso Galleni a ricordarlo:
"Nel 1928 mi trovavo a Massa, dove mio zio, il cavaliere ufficiale Pio Martini, era cancelliere capo del tribunale della città. Era estate e con i miei parenti trascorrevo le mie vacanze sulle spiagge incontaminate della Versilia e nelle pinete, che allora erano boschi enormi ed integri che correvano dal fiume Magra fino alle porte di Roma. D'improvviso giunse la notizia di un grave incidente avvenuto alle cave di marmo di Colonnata: un cavatore che faceva scivolare su travi di quercia un blocco di marmo lungo i "ravaneti"- le bianche scie che scorrono lungo i fianchi delle cave, formate dai detriti marmorei, dopo le esplosioni delle mine - era stato colpito, con una sferza velocissima e potentissima, e reciso in due, da un canapo che non aveva retto l'immane peso. Il giudice, con il cancelliere e mio padre che veniva per disegnare il luogo dell'incidente, acconsentì perchè io pure mi unissi a loro a loro per vedere e rendermi conto della vita terribile dei cavatori di marmo. Fu questa una delle mie prime conoscenze di quanto faticosa e pericolosa fosse la vita di quella gente."

Quel suggestivo mondo bianco del marmo statuario, la grandiosità dei luoghi e lo sforzo dei lavoratori delle cave colpiscono a tal punto la fantasia e la sensibilità del bambino Galleni, che saranno uno dei temi più ricorrenti della sua futura opera pittorica. Infatti sarà proprio fin da allora che la fatica dei cavatori e dei buoi da traino, i "ravaneti" le ripide pareti tagliate dal filo elicoidale, insomma tutto quel mondo di impronta metafisica ruotante intorno alla vita delle cave lasceranno nel suo animo una traccia incancellabile. In effetti, come non rammentare che i cavatori andavano a lavoro alla bon'ora", il che significava salire sul mulo verso le quattro del mattino, partendo dalle loro casupole e dai metati - le povere e instabili costruzioni in cui si mettevano a seccare le castagne e dove qualcuno affumicava il lardo - per giungere alle cave dopo un'ora o due di cammino; oppure come non rimanere colpiti da quello sdraiarsi per poche minuti con gli occhi fissi all'azzurro del cielo per farli riposare, dopo essere stati a lungo accecati dal bianco abbagliante del marmo. E sempre a quel periodo, tra infanzia e adolescenza, risalgono i racconti del padre - ricordati ancor oggi dal pittore con grande nostalgia - sui viaggi di Michelangelo a "cavar marmi", ed in particolare l'aneddoto secondo il quale egli era solito dire "basta togliere il marmo che le racchiude e le figure verranno fuori da sole!".

Nel 1935, ormai quindicenne, Galleni torna a Firenze, dove segue i corsi dell'Accademia delle Belle Arti allora diretta dal pittore Felice Carena. Frequenta inoltre per tre anni la sala di anatomia dell'Ospedale di Santa Maria Nuova sotto la guida del professor Fazzari e la Scuola Fiorentina di Pittura, a quel tempo famosa il Italia e all'estero, diretta dai professori e pittori Giuseppe Rossi e Alberto Zardo.

Nel 1939, è chiamato alle armi, prima sul fronte francese e poi, nel terribile inverno 1940-41, su quello greco-albanese, meritando due croci di guerra. In Grecia, nei periodi di momentanea tranquillità che il conflitto gli concede, trova la forza e l'ispirazione per dedicarsi alla pittura, producendo per il Generale di Corpo Armata Pafundi una serie di ritratti e di paesaggi greci. A quel luogo e a quel periodo (Grecia, estate 1941) risale la conoscenza di Armeno Mattioli, pittore vicchiese, insieme al quale Galleni si trova a frequentare l'albergo "Gallia" di piazza Omonia ad Atene. L'impatto con l'Acropoli, con i suoi prestigiosi monumenti, viene vissuto da Galleni come un grido del genio, come un segno della superiorità della mente umana sugli istinti belluini presenti in potenza in ogni uomo, e dei quali la guerra ne costituiva e ne continua a costituire ancor oggi uno degli esempi più inconfutabili.
L'Acropoli si configura agli occhi dei due pittori come una sorta di lavacro in grado di purificarli, seppur momentaneamente, da tutti gli errori e gli orrori visti tra il fango dei monti dell'Epiro. Alla fine della guerra, Galleni torna nel capoluogo toscano e riprende la sua attività di pittore. Negli anni 1946-48 espone più volte le sue opere presso la Galleria "Michelangelo", condotta da Italo Spinetti, in Piazza Davanzati a Firenze. A partire dal 1947 lavora anche come illustratore per le case editrici fiorentine Salani, Vallecchi e Giunti Marzocco. Dal 1948 inizia la sua collaborazione con la prestigiosa casa editrice Mondadori di Milano. Infatti è lo stesso Arnoldo Mondadori, tramite il direttore Aldo Gabrielli, ad offrirgli il compito di illustrare con tavole a colori fuori testo i dieci volumi della prestigiosa "Enciclopedia per ragazzi", tratta dall'omonima opera di origine inglese. Dal 1950 al 1965 è presente con mostre personali e collettive a Firenze ed in altre città italiane. Nel 1966, durante la disastrosa alluvione che sommerse il capoluogo toscano, Galleni perse molti quadri, quantità di materiale iconografico e tutta una ricca documentazione relativa a mostre e a lavori realizzati a partire dal 1938.

Anche dopo questo sconcertante evento Galleni riprende il lavoro e grazie anche all'aiuto e alla collaborazione dell'amico scrittore e giornalista del "Corriere della Sera" Giuseppe Zanini, organizza nel 1974 una sua prima mostra di pittura alla Galleria "Il Salotto" di Vicenza e, quattro anni dopo, una seconda sempre nella città veneta presso la Galleria "Bramante".

Nel 1979 ha una personale alla "Galleria Spinetti", nei pressi di piazza Signoria e poi nel 1981 a Prato.

A partire dal 1986 espone alla "Galleria Donatello" in via degli Artisti a Firenze, presso il Comune di Torre Cajetani a Fiuggi e all'Isola d'Elba all'Hotel "Cala di Mola" di Porto Azzurro.

Suoi quadri sono presenti nel Museo Nazionale di Varsavia, in Polonia, e in collezioni private in Toscana, Germania, Stati Uniti ed in altre città di fama internazionale.

Da vecchia data Galleni è socio effettivo del "Gruppo Donatello", nonchè della Compagnia "Il Paiolo", la prestigiosa associazione fondata nel 1515 dallo scultore ed architetto Francesco Rustici, dal pittore Andrea del Sarto ed altri.

Dal luglio 1995 Carlo Galleni si è trasferito a Vicchio, nel Mugello, paese natale di Giotto e Beato Angelico, ovvero di due esponenti di primo piano della pittura mondiale.

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Aggiornato il 15 Gennaio 1998