Desiderio da Settignano
La scoperta della grazia nella scultura del Rinascimento
Museo Nazionale del Bargello via del Proconsolo, 4 - FIRENZE
il comunicato - le
immagini - 22
febbraio 2007– 3 giugno 2007
Nel pieno Quattrocento fiorentino, l’opera di Desiderio da Settignano
(1429 circa – 1464) costituisce uno dei momenti più alti
della creatività nel campo della scultura del Rinascimento.
Il
terzo quarto del Quattrocento è per Firenze un periodo di particolare
fioritura nel campo della scultura, spesso definito come il tempo del “dolce
stile”. Dopo la straordinaria produzione della prima metà del
secolo, che con Donatello, Ghiberti, Nanni di Banco, Luca della Robbia
e Michelozzo aveva posto le basi del Rinascimento in Toscana, una nuova
generazione raccoglie l’eredità di Donatello, quando il
maestro lascia Firenze per stabilirsi a Padova, nel 1443. Fra i protagonisti
di questo nuovo stile scultoreo – che si forma soprattutto nella
bottega di Bernardo Rossellino e in cui si collocano artisti quali Antonio
Rossellino, Mino da Fiesole, Benedetto da Maiano, Matteo Civitali – Desiderio
da Settignano è in assoluto uno dei maestri più creativi
e più emozionanti.
Il Museo Nazionale del Bargello, in collaborazione
con il Museo del Louvre
(27 ottobre 2006 – 22 gennaio 2007) e con
la National Gallery di Washington (1 luglio – 8 ottobre 2007),
ha voluto organizzare la prima mostra dedicata a questo artista, promossa
dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, la Soprintendenza
Speciale per il Polo Museale Fiorentino, Firenze Musei e l’Ente
Cassa di Risparmio di Firenze.
Sebbene Desiderio muoia molto giovane
nel 1464 a trentacinque anni circa, la sua opera è particolarmente
significativa dello stile fiorentino degli anni cinquanta e sessanta
del ‘400: cioè, del momento che segue la partenza di Donatello
per Padova (1443) e in cui una nuova generazione di scultori sviluppa
a Firenze il linguaggio formale del Rinascimento.
Assieme ad altri artisti – come
ad esempio Antonio Rossellino - Desiderio caratterizza il suo linguaggio
formale come uno “stile dolce”, che unisce un sensibile trattamento
della materia alla dolcezza delle figure e alla forza delle espressioni
in uno straordinario catalogo di opere, realizzate principalmente in
marmo.
Come e più di Donatello, Desiderio raggiunge nella lavorazione
del marmo – ed in particolare nella resa del rilievo “stiacciato” – un
livello di perfezione raramente eguagliato. Nell’ambito di una
produzione autografa necessariamente ristretta a causa della morte precoce
dell’artista, il Museo Nazionale del Bargello ha la fortuna di
possedere nelle sue collezioni un cospicuo gruppo di opere desideriane,
di differenti tipologie, che annoverano anche tra di loro la celebre
statua del San Giovannino Martelli (tra l’altro, logo storico del
nostro Istituto bancario più rappresentativo), che, secondo gli
studi più attuali, è frutto della collaborazione tra Donatello
e Desiderio e la dimostrazione del loro profondo legame artistico, testimoniato
anche dal Vasari.
La riunione delle opere del Bargello con le sei opere
di Desiderio conservate nelle collezioni del Louvre, consente
di costruire un nucleo rappresentativo e di suprema qualità artistica, attorno
al quale sviluppare la prima esposizione monografica dedicata a questo
artista straordinario e particolarmente noto per alcuni ‘generi’ in
cui eccelse tra i contemporanei: come i busti di bambini e i bassorilievi
di virtuosistica raffinatezza, sia di soggetto sacro, come le Madonne
col Bambino, che profano, come i Ritratti dei Cesari.
Al progetto originario
per una mostra da tenersi a Parigi e a Firenze, che prevedeva inizialmente
la cooperazione e lo ‘scambio’ dei due musei – con
pochi altri prestiti da collezioni pubbliche italiane ed europee – si è poi
aggiunta come terzo partner la National Gallery of Art di Washington,
che a sua volta possiede alcune opere di Desiderio, tra le più rappresentative
e squisite. A questo punto, la rassegna desideriana ha acquistato la
fisionomia di una irripetibile occasione – attraverso la collaborazione
scientifica diretta dei tre più grandi musei di scultura, in un
progetto comune capace oltretutto di ottimizzare le risorse - di vedere
riunite pressoché tutte le opere di questo raro scultore, perché possa
essere nuovamente studiato dagli storici e, soprattutto, meglio conosciuto
dal pubblico.
L’esposizione si articola in diverse sezioni
tematiche,
che sviluppano tutti i generi della scultura desideriana: mettendo
in luce alcune tipologie artistiche e alcune problematiche essenziali
per
la comprensione dell’artista e della sua epoca. Tra questi il
ritratto e i suoi particolari connotati, i modi della rappresentazione
del reale
attraverso una sensibile accurata resa del rilievo “stiacciato”,
la relazione tra forme sacre e profane.
Ritratti
Gli
splendidi busti del Bargello (Ritratto di gentildonna e Ritratto
di giovinetto), uniti
alla celebre Marietta Strozzi (concessa eccezionalmente, alla
sola sede di Firenze, dal Bode Museum di Berlino) e alla Santa
Costanza (già conosciuta
come “La Belle Florentine”, del Louvre) evocano
in modo esauriente e suggestivo la straordinaria fioritura
di tale particolare genere d’arte,
legato all’ascesa sociale dei mercanti-banchieri fiorentini
alla metà del Quattrocento e alle loro nuove e grandi
dimore, dove ambivano esporre i ritratti propri e dei familiari,
realizzati dagli
artisti più famosi.
Rilievi
Desiderio è sempre
stato considerato un virtuoso dell’intaglio marmoreo.
Egli è il solo a riprendere
e a sviluppare, dopo Donatello, la tecnica del rilievo “stiacciato”,
cioè di minima profondità, di cui il Tondo Arconati
Visconti (del Louvre), la Madonna Panciatichi (del Bargello)
e la Madonna Foulc
(da Philadelphia) costituiscono esempi di straordinaria delicatezza
esecutiva, indimenticabili per l’espressione dei sentimenti;
mentre la giovanile Madonna di Torino (Galleria Sabauda) – con
le sue repliche antiche (Museo di Lione) - offre anche spunti
di verifica attibutiva; e il rilievo
con San Girolamo nel deserto (dalla National Gallery di Washington),
con il suo sfondo di paesaggio, costituisce una sorta di “pittura
marmorea”, a carattere narrativo di ascendenza donatelliana.
Nel loro insieme, questi rilievi costituiscono il più evidente
precedente – anche
psicologico – dello “sfumato” di Leonardo,
che formandosi col Verrocchio, allievo e quasi coetaneo di
Desiderio, ebbe certo modo
di meditare sulle sue opere.
Il Putto di San Lorenzo: ovvero,
il Gesù bambino
benedicente, in piedi sopra il calice dell’Eucarestia
e con in mano la corona di spine, è una delle opere
più celebri
e imitate di Desiderio, fin dal tempo della sua realizzazione.
L’originale
sormonta ancora oggi il Tabernacolo del Sacramento, nella basilica
fiorentina di San Lorenzo, per il quale fu creato e che nel
suo insieme, rappresenta
una delle opere monumentali più importanti di Desiderio.
La fortuna di questo “Bambino” nel Quattrocento
rende tuttavia possibile presentarne in mostra quattro diverse
repliche coeve, in stucco e in
terracotta policroma, a testimonianza della sua fortuna.
La
scultura decorativa
La bottega di Desiderio e di suo fratello
Geri, fu a suo tempo
famosa anche per la lavorazione e l’intaglio della pietra
serena, con cui venivano realizzati ornati a carattere architettonico
(fregi – come
quello della Cappella Pazzi, in Santa Croce - mensole, cornici,
lavabi, camini ecc. ), ed anche stemmi e emblemi araldici.
Se ne presenta un
esempio nello Stemma Serzelli, proveniente da Galeata (oggi
nel Museo comunale di Forlì), di particolare raffinatezza.
La bottega desideriana fu altrettanto attiva e celebre nella
produzione decorativa marmorea,
dove eccelse lo stesso Desiderio fin dalla sua giovinezza:
come ben si vede negli ornati del Monumento funebre di Carlo
Marsuppini, in Santa
Croce.
Sappiamo dalle fonti che i Medici gli affidarono la
realizzazione del basamento del David bronzeo di Donatello,
che ornava il centro del
cortile del loro nuovo palazzo di Via Larga. Il basamento desideriano
fu danneggiato da un fulmine ai primi del Cinquecento e da
allora disperso: tuttavia studi recenti hanno individuato due
frammenti superstiti, raffiguranti
teste di Arpie (nelle collezioni Chigi Saracini e Horne), che
si presenteranno solo nell’edizione fiorentina, anche
per la presenza al Bargello del David donatelliano, al quale
furono forse un tempo sottoposte.
Le
due opere monumentali e inamovibili
–
il Monumento funebre
di Carlo Marsuppini, in Santa Croce (c.1455-1459)
e il Tabernacolo
del Sacramento,
in San Lorenzo (c.1459-1461) – che costituiscono le pietre
miliari della carriera di Desiderio e due capolavori assoluti
della scultura
rinascimentale, costituiscono ovviamente parte integrante della
mostra fiorentina, che dal Bargello si irraggerà sia
verso le sale del Museo, che ospitano i capolavori di Donatello
e di tutti i maestri del
Quattrocento, sia verso le due illustri basiliche. A questo
proposito, puntuali accordi con l’Opera di Santa Croce
e con l’Opera
Mediceo-Laurenziana, permetteranno che i due monumenti siano
facilmente accessibili ai visitatori: in occasione della mostra,
la Soprintendenza
Speciale per il Polo Museale Fiorentino ha infatti finanziato
il completo restauro del Tabernacolo di San Lorenzo e una nuova
illuminazione dell’opera
come pure del Monumento Marsuppini per rivelare al pubblico,
anche dopo la mostra, tutta la bellezza e la poesia dell’arte
di Desiderio da Settignano.
Altri restauri di opere desideriane
sono stati finanziati,
in occasione della mostra, dal Lions Club Firenze Bargello
e dalla Associazione degli “Amici del Bargello”.
Questo evento espositivo vuole dunque rendere giustizia
a uno straordinario ‘virtuoso’ del
marmo, mettendone in evidenza il ruolo di primo piano nella
storia della scultura toscana del XV secolo, come pupillo di
Donatello e come l’interprete
più sensibile e più moderno della sua lezione:
all’arte
di Desiderio guarderà con particolare attenzione il
giovane Leonardo, nei suoi studi sullo ‘sfumato’ non
meno che nella resa psicologica dei suoi personaggi.
La mostra
vuole anche essere l’occasione per
confrontare la maggior parte delle opere dello scultore, consentendo
così di approfondire la conoscenza del suo stile e della
sua tecnica, nonché dei ‘generi’ decorativi
in cui si specializzò la
sua bottega. Il catalogo include contributi di numerosi storici
dell’arte
europei e americani e permette attraverso una ricca serie di
saggi, di schede e di immagini, di fare il punto su un artista
tanto squisito quanto
controverso e misterioso, a cui da quaranta anni non è stato
dedicato alcuno studio monografico.