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Eventi all'Istituto Innocenti
Il Mercante, l'Ospedale, i Fanciulli
La
donazione di Francesco Datini. Santa Maria Nuova e la fondazione degli
Innocenti.
27 novembre 2010 - 1
maggio 2011
- Committenze,
donazioni, dispersioni. Le
opere quattrocentesche presenti nelle collezioni di Santa Maria Nuova
e degli Innocenti di
Brunella Teodori
- Il sistema assistenziale
nella Firenze del Trecento di
Lucia Sandri
©www.zoomedia.it - 26 novembre 2010
"Il Mercante, l'Ospedale, i Fanciulli".
Allestimento nella Galleria dell' Istituto Innocenti
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Il
sistema assistenziale nella Firenze del Trecento di
Lucia Sandri
Una città in fermento. Le origini della
carità fiorentina
nel Basso Medioevo
Una fitta rete di enti assistenziali
nel Basso Medioevo era una prerogativa comune a tutte le città del
Centro-Nord, l’area più urbanizzata
della penisola e di notevole rilievo anche a livello europeo. Le città toscane
godevano tuttavia di una posizione di privilegio perché provviste
di reti assistenziali varie, articolate in ospizi, ospedali e “confraternite
caritatevoli”. Per quanto riguarda Firenze, le principali istituzioni
assistenziali attive nel Trecento risalivano al secolo precedente a seguito
di importanti cambiamenti
demografici, economici, politici e religiosi, evidenziatisi ovunque in
Europa dopo il Mille.
Firenze nell’XI secolo - con l’adesione
al movimento di riforma della chiesa di Gregorio VII e politico contro
l’imperatore Enrico IV -
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era divenuta uno dei centri principali
della cristianità in un clima di rinnovato impegno civico
e religioso e aveva visto crescere numerosi luoghi di ricovero sulle
sue principali vie di accesso. Nei due secoli successivi, tale fioritura
di intenti caritativi, associata alla nascita degli ordini mendicanti
e alla lotta contro l’eresia, diede vita a forme assistenziali
nuove, adeguate al numero degli abitanti e alla vita economica e
sociale della città.
Un primo evento eccezionale fu la fondazione, nel 1218,
fuori porta San Lorenzo, dell’Ospedale di San Gallo, sede cittadina
del Tribunale dell’Inquisizione avanti il convento di Santa
Croce, e il primo a occuparsi in modo sistematico, dal secolo successivo,
dell’accoglienza dei bambini abbandonati. Il fondatore fu Guidalotto
di Volto dall’Orco, seguace di Pietro da Verona (noto anche
come San Pier martire) nelle lotte di metà secolo contro gli
eretici. Nel 1227, sempre in clima inquisitoriale, i laici dell’Ordine
della Penitenza, promosso da san Francesco, diedero vita, nel popolo
di Santa Maria Novella, all’Ospedale di San Paolo. Nel 1288,
presso la porta di Balla, fu fondato dal mercante Folco Portinari
l’Ospedale di Santa Maria Nuova, destinato a divenire il maggiore
della città. Anche l’Oltrarno, zona da poco compresa
nel perimetro dell’ultima cerchia muraria, si arricchì in
quest’epoca di una fitta rete di ospizi.
Dalla seconda metà del
Duecento, Firenze poteva contare tuttavia anche sull’azione
assistenziale di tre importanti confraternite: di Orsanmichele, del
Bigallo e della Misericordia, filiazioni della originaria Società della
Fede, creata da Pietro da Verona, per sconfiggere la dottrina patara,
radicata in città.
Di contro a questa “rivoluzione della carità”, si era affievolita
nel corso del Duecento la solidarietà all’interno delle corporazioni
artigiane minori, mentre le Arti maggiori avevano rafforzato la loro presenza
negli enti di assistenza, vedi il caso emblematico dell’Ospedale di San
Gallo, affidato già sul finire del Duecento ai patronati alternati, estratti
a sorte dagli organi governativi, delle Arti del Cambio, della Lana, di Calimala
e, infine, della Seta. |
©www.zoomedia.it - 26 novembre 2010 "Il Mercante, l'Ospedale, i Fanciulli".
I fanciulli raffigurati nella "Madonna degli Innocenti" nel 1446 circa
da Domenico di Michelino (Firenze 1417-1491). Nel dipinto, sotto il manto della "Madonna
della Misericordia", sono descritte tre fasce d'età dei piccoli ospiti
dell'Istituto, con gli atteggiamenti e l'abbigliamento di ognuna. |
Lo sviluppo di una nuova assistenza
nel Trecento
Nella testimonianza del cronista Giovanni
Villani del 1338, Firenze era una città ben
organizzata sotto il profilo dell’assistenza, dotata di ben «trenta
spedali con mille letta». Considerato che i letti potevano accogliere
due e forse più infermi per volta e avuto riguardo alla popolazione
del primo Trecento, pari a 100.000 abitanti circa, si può dire che
Firenze disponesse ogni 50 abitanti di almeno un posto letto per il ricovero
di eventuali
infermi. All’inizio del Trecento, Firenze annoverava dunque, come
si è visto sopra, istituzioni assistenziali di notevole tradizione
religiosa e antichità, cui se ne aggiunsero altre nel corso del
secolo. Nelle vicinanze di porta al Prato, nel 1313, fu fondato - su richiesta
dei frati serventi senesi e con l’apporto patrimoniale di Cione di
Lapo Pollini, un lanaiolo - l’Ospedale di Santa Maria della Scala,
sottoposto all’illustre e omonimo ospedale di Siena, per accogliere
infermi, pellegrini e bambini abbandonati. Vicino alla porta a Faenza,
nel 1333, fu fondato l’Ospedale di Sant’Antonio a opera degli
ospitalieri di Vienne, per i malati di ergotismo (fuoco di sant’Antonio).
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Tra il 1317 e il 1342 nacquero, con finalità sia pure dirette ai soli
membri, cui venivano elargite elemosine, cure mediche e sepoltura gratuita,
tre ospedali facenti capo a compagnie minori di mestiere, di San Giovanni decollato
dei norcini, di Sant’Onofrio dei tintori e di Santa Trinita dei calzolai.
A
metà secolo, la sconvolgente esperienza della peste del
1348, sollecitò la nascita di ulteriori grandi istituzioni
che, a differenza del passato, sorsero all’interno del tessuto
urbano. In via San Gallo, nel 1377, fu fondato da un uomo d’armi,
Bonifazio Lupi da Parma, l’Ospedale di San Giovanni Battista,
detto poi comunemente di Bonifazio. Nell’antico convento di
San Niccolò, sull’attuale piazza San Marco, Lemmo Balducci
da Montecatini, immatricolato nell’Arte del Cambio, fondò nel
1385 l’Ospedale di San Matteo. In Borgognissanti, di fronte
all’Oltrarno, Simone Vespucci, un setaiolo, fondava nel 1388
il piccolo Ospedale dell’Umiltà, il nosocomio, di lì a
due secoli, di San Giovanni di Dio.
Se questo era nel Trecento, il
quadro del sistema assistenziale portante di Firenze, la descrizione
del Villani avanti la pandemia del 1348,
considerava allora non
solo le maggiori istituzioni su nominate - fornite di ingenti patrimoni, tutelate
dalle grandi corporazioni, sostenute dal favore ecclesiastico e civico - ma
coglieva anche la realtà di numerosi piccoli enti, che non ebbero un seguito di
rilievo o che furono abbandonati per la crisi di metà secolo. Nel corso
del Trecento tutte le istituzioni sin qui individuate andarono incontro a un
generale progresso organizzativo e a una crescente diversificazione di funzioni.
L’Ospedale di San Paolo, gestito dai pinzocheri di San Francesco,
si trovò coinvolto in un complesso sistema caritativo a favore
dei poveri, specialmente donne e fanciulle, del quartiere in cui
sorgeva, sostenuti con l’elargizione di aiuti domiciliari.
L’Ospedale di Santa Maria Nuova, che aveva avuto a cuore da
subito la cura degli infermi, stabilì dal 1330 anche una regola
- non più di tre giorni per i non infermi - per la durata
dei ricoveri e assicurò, nel corso del secolo, il servizio
di un medico fisico e tre chirurghi, quest’ultimi specializzati
in ferite, ulcere e malattie degli occhi. Nel 1347, alla vigilia
della crisi, che fu anche occasione di incameramento di un notevole
patrimonio, Santa Maria Nuova disponeva di 220 letti per un numero
probabilmente doppio di infermi. Gli altri due ospedali, di Bonifazio
e di San Matteo, anch’essi ad indirizzo medicale nell’intenzione
dei fondatori e sorti a fine secolo, realizzarono poi le funzioni
sanitarie loro attribuite.
Un discorso a sé è da farsi per gli ospedali di San
Gallo e di Santa Maria della Scala, entrambi dediti oltre che alla
cura degli infermi e all’ospitalità dei pellegrini,
all’accoglienza dei bambini abbandonati. Per San Gallo tale
attività era forse già avviata alla fine del Duecento,
mentre per il Santa Maria della Scala lo fu sino dall’origine,
data la presenza dei frati di Siena nei primi decenni di attività.
Nel 1351, tuttavia considerata la situazione economica alquanto compromessa,
il Santa Maria della Scala fu sottoposto, come già era avvenuto
per San Gallo, alla tutela dell’Arte della Seta.
Riguardo all’attività svolta
dalle confraternite, Orsanmichele, l’antica compagnia di
laudesi, assolveva in pieno Trecento a fini caritativi, che andavano
dall’assistenza
domiciliare (donne in parto, cura degli infermi) alle elemosine
ai poveri, grazie ai numerosi privilegi, che le garantivano entrate
regolari. Alla fine del Trecento però, nonostante le considerevoli
eredità pervenute durante le epidemie del 1348 e del 1363,
la compagnia, in piena crisi economica, fu sottoposta definitivamente
al Comune.
Si sa poco invece della carità svolta nel XIV
secolo dalle altre due compagnie del Bigallo e della Misericordia
se non
che la prima ebbe in gestione alcuni ospedali del contado (tra
cui quello dell’Apparita), mentre la seconda - a giudicare
dal gran numero di eredità percepite nel 1348 – di
certo si era guadagnata per le sue opere di pietà, un
posto importante nella riconoscenza dei fiorentini.
Qualche riflessione. La città dell’assistenza
alla fine del Trecento era ancora - nonostante il grave calo demografico
e la crisi economica - una valida immagine, sotto il profilo caritativo,
di quella fornita da Giovanni Villani un sessantennio prima. Agli antichi
ospedali e confraternite del Duecento, frutto della predicazione degli
ordini mendicanti – dei francescani (San Gallo e San Paolo) e
dei domenicani (le tre confraternite e forse Santa Maria Nuova) - si
erano venute aggiungendo le importanti istituzioni di Santa Maria della
Scala, di San Matteo e di Bonifazio, di cui le ultime due di fine secolo
d’impronta profondamente laica. Sarà il Quattrocento
ormai alle porte a cambiare radicalmente, o meglio a strutturare,
quanto
si era andato delineando di nuovo nel secolo precedente.
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Il Mercante, l'Ospedale, i
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