Mostre nel Museo di San Marco
- Biblioteca Monumentale
Mattia Corvino e Firenze.
Arte e umanesimo alla corte del re di Ungheria
Presentazione della mostra di:
Péter Farbaky – Dániel
Pócs – Magnolia
Scudieri – Lia Brunori
©www.zoomedia.it vanna innocenti 4 ottobre 2013
Nell'immagine, la sezione della mostra "L'età di Sigismondo
di Lussemburgo re d'Ungheria", re che precedette Corvino. Gli
affreschi "Filippo
Scolari detto Pippo Spanò" di Andrea
del Castagno,
serie "Uomini illustri" e sulla
sinistra, il San Giuliano di Masolino
da Panicale, artista che soggiornò in Ungheria al seguito di Pippo
Spanò,
il mercante fiorentino che divenne comandante delle truppe dell' imperatore
Sigismondo, testimoniano in mostra i legami tra l' Ungheria e la signoria
di Firenze.
"Mattia Corvino (1443-1490) venne eletto re
d’Ungheria nel 1458, all’età di appena quindici anni.
Pur essendo l’erede del più grande feudatario del paese,
le sue origini non lo predestinarono al trono. La sua famiglia di piccola
nobiltà dovette la sua elevazione a suo padre, János (Giovanni)
Hunyadi, il quale salì, come condottiero di successo delle guerre
antiturche, fino al rango di governatore del paese nei due decenni successivi
alla morte di Sigismondo di Lussemburgo (regnante dal 1387 al 1437),
imperatore romano germanico e re ungherese. Il governatore comunque perì nell’epidemia
di peste susseguita alla trionfale vittoria riportata a Belgrado (1456)
e, nell’anno seguente, suo figlio László (Ladislao)
fu fatto giustiziare a Buda da re Ladislao V per aver partecipato ad
una congiura. Quando, dopo la precoce morte di Ladislao V, Mattia fu
eletto
re, innanzitutto in seguito all’abile tattica del partito degli
Hunyadi, egli era ancora detenuto come ostaggio dal futuro re boemo Jiri
(Giorgio)
Podebrady.
Dopo questi precedenti, ricchi di svolte, il giovane sovrano
prese in mano la direzione del paese con una forza e coscienza insolite
ed affrontò la lotta non solo contro gli avversari interni,
ma anche contro i nemici esterni. Nel giro di alcuni anni riuscì a
stabilizzare il suo potere nella lotta per l’egemonia sull’Europa
Centrale nei confronti dei suoi principali rivali: Federico III della
casa degli
Asburgo, imperatore romano germanico e Casimiro IV degli Jagelloni,
re di Polonia. Durante questi combattimenti, pur essendo salito a livello
pari a quello degli avversari sul piano militare e politico, non poté mai
far dimenticare il fatto che la famiglia Hunyadi non disponeva di un
passato dinastico. I suoi avi provenivano dai monti valacchi e anche
la nobiltà ungherese
l’aveva ottenuta solo suo nonno."
©www.zoomedia.it vanna innocenti 4 ottobre 2013
Veduta
della città di
Buda degli
anni intorno al 1490 di Michael Wolgemuth (maestro di A. Durer), illustrazione
del Liber
chronicarum conservato nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze.
"Nella seconda metà del
suo regno fece di tutto per controbilanciare questa lacuna di legittimazione
con i mezzi della rappresentanza del potere. Tale questione divenne
particolarmente importante negli ultimi anni del suo dominio, quando, in
mancanza di
un
successore legittimo, cercò di far riconoscere il figlio naturale,
Giovanni Corvino, come successore al trono ungherese.
La mancanza
di un passato glorioso poté essere sostituito solo dai miti
creati dagli umanisti, innanzitutto facendo derivare la sua famiglia
dai Corvini
della
Roma antica, mentre per creare la dinastia degli Hunyadi, mai esistita,
fece dei passi molto concreti.
La successione al trono di suo figlio
e il progettato matrimonio dinastico con gli Sforza furono però troncati
dalla morte di Mattia. I suoi piani , da questo punto di vista,
non andarono in porto e il trono ungherese fu occupato da Vladislao
II
degli Jagelloni.
La sua opera , che invece lo perpetuò ai
posteri e per la quale Giorgio Vasari lo inserì nel Pantheon
ideale dei grandi mecenati, fu questa: nelle sue residenze di Buda
e Visegrád fu il primo, oltre le Alpi, ad accogliere
l’arte rinascimentale dell’Italia, e alla sua corte anche
l’umanesimo
italiano trovò dimora.
L’opera di Mattia non fu senza precedenti.
Nella ricostruzione della sua residenza per molti aspetti portò avanti
le tendenze del suo grande predecessore, Sigismondo di Lussemburgo, il
quale aveva trasformato la sede dei re ungheresi in una corte notevole
anche a livello
europeo.
L’arte del primo trentennio del Quattrocento che era radicata
ancora nel gotico internazionale, ma comprendeva ormai anche lo stile
rinascimentale di origine fiorentina, arrivò molto presto nell’ambiente
del sovrano.
Il condottiero importante di quel periodo, Filippo Scolari
(Pippo Spano), sostenitore
del circolo umanistico di Ambrogio Traversari e committente del
Brunelleschi, fece una carriera importante alla corte di Sigismondo. Fu
lui a chiamare
in Ungheria Masolino, il quale abbandonò l’esecuzione del
ciclo di affreschi alla Cappella Brancacci proprio per accettare questa
commissione. È legato
a Sigismondo pure l’arrivo a Buda dei primi umanisti: alla sua
corte visse Pier Paolo Vergerio.
Nella diffusione dell’umanesimo
nell’Ungheria
una parte importante spettò all’arcivescovo János
Vitéz,
il quale, come precettore di Mattia, aveva fatto conoscere al futuro
re i classici latini. Prima della morte avvenuta nel 1472 (quando si
oppose al suo sovrano
partecipando ad una congiura), una delle sue più importanti iniziative
nel campo della politica culturale fu colmare una lacuna secolare, cercando
di equiparare l’Ungheria ai paesi vicini anche sul piano culturale:
fu lui ad organizzare l’università di Pozsony che, comunque,
avrebbe avuto solo breve vita.
Una parte notevole dei professori da lui
invitati in questa
università venivano dall’ambiente spirituale del cardinale
Giovanni Bessarione a cui Vitéz era legato da decenni. Vitéz
creò una
biblioteca umanistica notevole, i suoi codici furono preparati innanzitutto
a Ferrara ed a Firenze. Si occupò anche di far studiare i futuri
membri del clero ungherese: fu così che suo nipote Giano Pannonio,
uno dei poeti di lingua latina più eccellenti dell’epoca,
arrivò prima
a Padova, dove fece amicizia con Mantegna e dopo a Ferrara dove divenne
discepolo di Battista Guarino, ma passò anche da Firenze dove
fece la conoscenza di Marsilio Ficino.
Questi legami sono alle origini
dell’umanesimo ungherese.
La rete dei rapporti da loro formati sopravvisse alla morte di
Giano Pannonio e János Vitéz: Ficino entrò in
un rapporto più stretto
col sovrano ungherese negli anni 1480, mentre Bartolomeo Fonzio
(della Fonte), amico personale di Giano Pannonio, alla fine dello
stesso decennio
partecipò personalmente
allo sviluppo della Bibliotheca Corviniana.
Sembra che a dare
un ulteriore impulso all’evoluzione dell’arte e
della cultura rinascimentali sia stato il matrimonio dinastico,
attraverso il quale Mattia divenne partecipe anche della gara
di potere tra gli stati italiani.
Sposò nel 1476 Beatrice, figlia del re di Napoli, Ferdinando
(Ferrante) I d’Aragona. Assieme alla principessa napoletana
giunsero alla corte degli umanisti, tra loro anche Francesco
Bandini, membro significativo del cerchio
neoplatonico di Marsilio Ficino.
Troviamo in Ungheria lo scultore
fiorentino Gregorio di Lorenzo, conosciuto precedentemente come
Maestro delle Madonne di
marmo; dopo alcuni anni arrivò alla corte reale anche
Chimenti Camicia, che diresse la ricostruzione del palazzo; ma
passarono da Buda anche il miniatore
Francesco Rosselli e lo scultore Giovanni Dalmata il quale più tardi
ebbe anche la nobiltà ungherese come ricompensa del suo
lavoro.
Lo spunto delle commissioni artistiche di Mattia fu innanzitutto
la Firenze di Lorenzo de’ Medici. Gli artisti che in questo
periodo eseguirono delle opere significative per conto del re
ungherese, provenivano quasi senza eccezione
dal giro di artisti preferiti del Magnifico: per esempio, oltre
ai miniatori dei codici, il pittore Filippino Lippi e gli scultori
Andrea del Verrocchio e
Benedetto da Maiano.
Anche i pezzi più significativi degli
oggetti superstiti provengono da Firenze: così, per esempio,
il piedistallo del cosidetto Calvario di Mattia, e fu a Firenze
che era stata preparata quella serie di tessuti
(probabilmente in base ai disegni della bottega del Pollaiolo),
di cui l’unico
pezzo rimasto intero è uno degli oggetti più importanti
di questa mostra, fatto restaurare in questa occasione.
Mettono
in rilievo questi stessi
contatti anche il mito di Ercole, applicato a Buda a sostegno
della rappresentanza del sovrano, la ritrattistica che si rifa
a modelli antichi e certamente, innanzitutto,
i codici d’onore della Bibliotheca Corviniana.
La mostra
che si inaugura nella sala della biblioteca
del convento di San Marco non è la prima ad essere
dedicata all’arte
rinascimentale ungherese, ma senza precedenti nel suo genere
in Italia. La tematica non intende abbracciare
la totalità dell’arte dell’epoca di Mattia,
tanto meno dell’Ungheria
coeva. Infatti, accanto ai contatti fiorentini e italiani in
senso più lato,
nelle costruzioni del re ebbe un ruolo altrettanto importante
la presenza dello stile tardo gotico, che (pur in una forma del
tutto diversa) è un’altra
prova dell’insediamento di una moderna tendenza di stile
in Ungheria.
Tra i precedenti della presente mostra bisogna però rilevare
alcune iniziative importanti dei decenni passati. La prima presentazione
monografica dell’arte
rinascimentale dell’Ungheria si ebbe nel 1982 a Schallaburg,
in Austria. Il catalogo in lingua tedesca di alto livello scientifico
allora pubblicato aveva
definito per decenni le tendenze delle ricerche nel campo, ma
ebbe mire ancora più grandi: volle abbracciare non solo
l’epoca di Mattia ma anche
gli eventi successivi ed accanto al rinascimento offrì uno
sguardo anche sui monumenti tardo gotici.
Offrì una nuova
occasione per riflettere sull’arte
della corte di Mattia, nell’ambito dell’Anno del
Rinascimento indetto nel 2008, la mostra del Museo Storico di
Budapest, intitolata "Matthias
Corvinus, the King. Tradition and renewal in the Hungarian Royal
Court 1458–1490".
Il catalogo che accompagnò tale mostra poté appoggiarsi
in grande misura sui risultati del convegno dell’anno precedente,
organizzato alla Villa I Tatti, col titolo "Italy and
Hungary. Humanism and Art in the Early Renaissance", pubblicati nel
2011.
Degli oggetti rimasti più integri
dell’arte dell’epoca di Mattia, i pezzi superstiti
della Bibliotheca Corviniana, si organizzarono diverse mostre
nei decenni passati. La più grande
di esse fu inaugurata nel 500esimo anniversario della morte di
re Mattia a Budapest, presso la Biblioteca Nazionale Széchényi
nel 1990.
Seguì un’altra
mostra nel 2002 dove il pubblico poté ammirare ormai anche
i codici che alla morte del re erano rimasti a Firenze e dei
quali solo le ricerche recenti
avevano identificato il loro committente.
Nello stesso anno si
ebbe per la prima volta una mostra di questi codici in Italia,
organizzata dalla Biblioteca Estense
di Modena che presentò innanzitutto ma non eclusivamente
quei codici, nella maggior parte fiorentini, che sono conservati
alla biblioteca degli Este.
L’odierna mostra a San Marco
ha come obiettivo principale presentare i rapporti che, all’insegna
dell’Umanesimo, legarono Mattia Corvino
a Firenze, alla sua cultura e alla sua arte e, quindi, inevitabilmente
a Lorenzo il Magnifico, che di quella cultura e di quell’arte
fiorentina fu assertore e propagatore, oltre che mecenate, e
della storia fiorentina di quegli anni fu
protagonista. Ciò ovviamente assieme agli antefatti e,
in parte, assieme alle connessioni con le altre corti italiane.
Essa presenta opere d’arte di quell’epoca da 36 collezioni
di Austria, Francia, Germania, Granbretagna, Italia, Polonia,
Stati Uniti, Svizzera, Ungheria
e Cittá del Vaticano, nell’anno Culturale Italo-Ungherese,
in cui con gli eventi culturali realizzati nei due paesi si vogliono
indicare
i ricchi
rapporti culturali e storici che legano Italia e Ungheria.
La
scelta di San Marco, come sede della mostra, non è casuale,
dato il ruolo ricoperto nello sviluppo della cultura umanistica
dalla Biblioteca
di quel
convento domenicano, nel cui ambiente monumentale la mostra è allestita,
tempio rinascimentale del sapere per struttura architettonica,
contenuto librario, valenza simbolica, prima biblioteca „ pubblica” del
Rinascimento e insieme prima biblioteca medicea, dove, in epoca
laurenziana, si incontravano
personaggi come Marsilio Ficino, Pico della Mirandola, Agnolo
Poliziano, gli stessi che direttamente, o indirettamente, entrarono
in contatto con
Mattia
Corvino e con il suo ambiente.
Il percorso espositivo
si snoda per sezioni tematiche, collegate da uno sviluppo cronologico,
con il proposito di delineare un panorama sulle modalità della
diffusione della cultura dell’umanesimo in territorio ungherese
tramite gli umanisti e gli artisti, iniziata già prima
dell’avvento del regno di Mattia, e di dimostrare come
questa cultura sia stata funzionale a costruire tramite le opere
d’arte - dall’architettura, alla scultura, agli arredi,
all’illustrazione dei codici - la rappresentazione celebrativa
del re ungherese, desideroso di raggiungere una posizione
egemonica in Europa e di essere riconosciuto come il principale
difensore della Cristianità contro il pericolo ottomano,
ruolo che non riuscì a trasmettere al figlio Giovanni
Corvino, suo discendente naturale.
Celebrazione che raggiunse l’apice
proprio nella bibbia miniata da Attavante e da Gherardo e Monte
di Giovanni che alla sua morte, nel 1490, rimase a Firenze incompiuta,
mentre il ruolo di difensore della Cristianità non passò al
discendente naturale, come Mattia avrebbe voluto, bensì ad
un altra dinastia
"
"Stocco benedetto". In mostra una delle spade
d'onore pontificie
più antiche: fu donata da papa Giuglio II Della
Rovere a
Vladislao II,
successore di Mattia Corvino. Re Mattia meritò due
volte la spada
pontificia: nel 1463 da papa Pio II Piccolomini e nel 1471
da Paolo II Barbo.
Mattia Corvino e Firenze. Arte
e umanesimo alla corte del re di Ungheria
Presentazione della mostra di Péter
Farbaky – Dániel Pócs – Magnolia
Scudieri – Lia Brunori
"Gli
autoritratti ungheresi degli Uffizi" Mostra
dedicata agli autoritratti di artisti ungheresi nella collezione degli
Uffizi in occasione
dell'Anno dell'amicizia e cultura tra Ungheria e Italia.
Indice ... nel Museo di
San Marco