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Siena - Il Battesimo di Cristo di Tiziano Vecellio

in mostra nella Cripta del Duomo di Siena fino al 31 agosto 2012

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1 2012

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"Il Battesimo di Cristo"
di Tiziano Vecellio

La struttura del quadro è formata da tre personaggi, disposti lungo una linea diagonale. Al centro Cristo, in piedi nel Giordano, con il corpo nudo e un telo bianco intorno ai fianchi, in atteggiamento devoto e umile, riceve il battesimo da Giovanni Battista, posto più in alto sulla riva del fiume, con un ginocchio a terra e i fianchi coperti da un manto violetto sotto il quale si intravede la pelle di pecora. In basso a destra, in primo piano, assiste all’evento un uomo vestito di nero, ritratto di profilo: i capelli e la barba sono brizzolati, quasi canuti, e porta due fedi nuziali, all’anulare e al mignolo della mano sinistra.

La macchia nera del suo abito è bilanciata a sinistra dalle vesti di Cristo posate per terra, un panno bianco sopra il quale si trova un drappo rosso.

Dall’alto scende una luce che attraversa le nubi, dove compaiono teste di puttini. Lo sfondo è occupato a sinistra e al centro da una macchia di alberi (alle spalle del Battista si nota un picchio che sta beccando un tronco); a destra si apre su un paesaggio al tramonto, occupato sullo sfondo da casolari e una torre, mentre su un piano più vicino una donna, accorrendo, tenta di allontanare alcuni uccelli rapaci.

Conservato a Roma nei Musei Capitolini, dove si trova dal 1750, il Battesimo di Cristo di Tiziano è il quadro che l’erudito veneziano Marcantonio Michiel vede nel 1531 a Venezia, “in casa de M. Zuan Ram” nella parrocchia di Santo Stefano: “La tavola del S. Zuanne che bapteza Christo nel Giordano, che è nel fiume insin alle ginocchia, cun el bel paese, et esso M. Zuan Ram ritratto fin al cinto, et cun la schiena contra li spettatori, fo de man de Titiano”.
Il personaggio moderno che, come in una visione, contempla il Battesimo di Cristo è dunque lo stesso committente e proprietario, lo spagnolo Giovanni (Juan) Ram, forse un mercante, che vive a Venezia dagli ultimi tempi del Quattrocento.
Di lui sappiamo poco: in uno dei Diari di Marin Sanudo (1530) si parla di un suo ruolo preminente (“console”) all’interno della comunità dei Catalani residenti a Venezia e da altri documenti si può stabilire che muore prima del marzo 1533.

La raccolta d’arte che Michiel vede a casa sua nel 1531 è di tutto rilievo e comprende tra l’altro quadri di Rogier Van der Weyden, Giorgione e Jan van Scorel, oltre a “molte teste et busti marmorei” e a “molte figurette de bronzo, porcellane, et infinite altre galanterie”.

Giovanni Ram aveva fatto testamento il 20 settembre 1511. Nel documento il mercante spagnolo “per grazia di Dio sano di mente, ma malato nel corpo” (“sanus dei gratia mente et jntellectu, licet corpore jnfirmus”), ricorda la moglie già morta, Isabella, e dispone di essere sepolto vicino a lei nel convento di San Pietro martire a Murano.

E’ probabile che il Battesimo di Cristo sia in qualche modo connesso a queste circostanze: la seconda fede nuziale al dito mignolo di Ram segnala la sua vedovanza e il picchio, simbolo di rigenerazione spirituale e corporea, rimanda ad un ristabilimento fisico dopo una malattia, quasi certamente la peste che aveva colpito Venezia nel 1510 (probabile causa della morte della moglie).

Il quadro può quindi essere datato tra la fine del 1511 e il 1513, anche sulla base del confronto con altri lavori di Tiziano: l’Allegoria delle Tre età dell’uomo (Edimburgo, National Gallery of Scotland), un dipinto del 1512 dove il personaggio a sinistra è analogo al Battista, il Noli me tangere (Londra, National Gallery) e l’Amor Sacro e Profano (Roma, Galleria Borghese), opere eseguite qualche tempo dopo, dove alcuni elementi del Battesimo di Cristo vengono ripresi e sviluppati.

Nel 1511 Tiziano, a poco più di vent’anni, aveva realizzato la sua prima grande impresa pittorica, la decorazione degli ambienti della Scuola del Santo a Padova con tre affreschi raffiguranti i Miracoli di sant’Antonio, e in breve tempo aveva conquistato un ruolo di primo piano: in una celebre lettera al Consiglio dei Dieci del maggio 1513, l’artista si metteva al servizio della Repubblica di Venezia, dichiarando (con una punta di orgoglio) di aver rifiutato l’invito a recarsi a Roma a lavorare per il papa Leone X Medici. Nello stesso periodo Tiziano stabilisce la propria bottega di pittore nella parrocchia di San Samuele.

Nel Battesimo di Cristo, come in altre opere di questi anni, Tiziano intende affermare la propria autonomia stilistica da Giorgione (morto di peste nel 1510) e dall’anziano, grande patriarca della pittura veneziana, Giovanni Bellini, con inedite proposte compositive e tonali: gli scorci del viso del Battista e di Ram, nonché la geniale soluzione di bilanciare i colori attraverso il bianco e il rosso delle vesti di Cristo in basso a sinistra sono i segni evidenti del rinnovamento del linguaggio pittorico veneziano, di cui Tiziano sarà, per tutta la sua lunga carriera, il principale protagonista.

Dopo la morte di Giovanni Ram, il Battesimo di Cristo rimane di proprietà della sua famiglia fino agli ultimi anni del Cinquecento. In seguito, forse dopo la vendita, viene trasportato a Roma, dove nel 1624 è registrato tra i beni del cardinale Carlo Emanuele Pio, ricco collezionista di origini emiliane; trasmesso ai suoi eredi, viene ceduto nel 1750 ai Musei Capitolini, insieme a molte opere della raccolta Pio.
(A cura di Sergio Guarino)



Il "Battesimo di Cristo" di Tiziano, esce, la prima volta dal 1750, dalla Pinacoteca Capitolina ed è in mostra nella Cripta del Duomo di Siena fino al 31 agosto 2012.

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Pagina pubblicata il 03-2012 - Aggiornato il 02-Mar-2012