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"Il Battesimo di Cristo"
di Tiziano Vecellio
La struttura del quadro è formata da tre
personaggi, disposti lungo una linea diagonale. Al centro Cristo, in
piedi nel Giordano, con il corpo nudo e
un telo bianco intorno ai fianchi, in atteggiamento devoto e umile, riceve il
battesimo da Giovanni Battista, posto più in alto sulla riva del fiume,
con un ginocchio a terra e i fianchi coperti da un manto violetto sotto il quale
si intravede la pelle di pecora. In basso a destra, in primo piano, assiste all’evento
un uomo vestito di nero, ritratto di profilo: i capelli e la barba sono brizzolati,
quasi canuti, e porta due fedi nuziali, all’anulare e al mignolo della
mano sinistra. |
La macchia nera del suo abito è bilanciata a sinistra dalle vesti
di Cristo posate per terra, un panno bianco sopra il quale si trova un
drappo rosso.
Dall’alto scende una luce che attraversa le nubi, dove
compaiono
teste di puttini. Lo sfondo è occupato a sinistra e al centro da una
macchia di alberi (alle spalle del Battista si nota un picchio che sta beccando
un tronco);
a destra si apre su un paesaggio al tramonto, occupato sullo sfondo da casolari
e una torre, mentre su un piano più vicino una donna, accorrendo, tenta
di allontanare alcuni uccelli rapaci.
Conservato a Roma nei Musei Capitolini,
dove si trova dal 1750, il Battesimo di Cristo di Tiziano è il quadro
che l’erudito veneziano Marcantonio
Michiel vede nel 1531 a Venezia, “in casa de M. Zuan Ram” nella
parrocchia di Santo Stefano: “La tavola del S. Zuanne che bapteza Christo
nel Giordano, che è nel fiume insin alle ginocchia, cun el bel paese,
et esso M. Zuan Ram ritratto fin al cinto, et cun la schiena contra li spettatori,
fo de man
de Titiano”.
Il personaggio moderno che, come in una visione, contempla il Battesimo di
Cristo è dunque
lo stesso committente e proprietario, lo spagnolo Giovanni (Juan) Ram, forse
un mercante, che vive a Venezia dagli ultimi tempi del Quattrocento.
Di lui
sappiamo poco: in uno dei Diari di Marin Sanudo (1530) si parla
di un suo ruolo preminente (“console”)
all’interno della comunità dei Catalani residenti a Venezia
e da altri documenti si può stabilire che muore prima del marzo
1533.
La raccolta d’arte che Michiel vede a casa sua nel 1531 è di
tutto rilievo e comprende tra l’altro quadri di Rogier Van der
Weyden, Giorgione e Jan van Scorel, oltre a “molte teste et busti
marmorei” e a “molte figurette de bronzo, porcellane, et
infinite altre galanterie”.
Giovanni Ram aveva fatto testamento
il 20 settembre 1511. Nel documento il mercante spagnolo “per
grazia di Dio sano di mente, ma malato nel corpo” (“sanus
dei gratia mente et jntellectu, licet corpore jnfirmus”), ricorda
la moglie già morta, Isabella,
e dispone di essere sepolto vicino a lei nel convento di San Pietro
martire a Murano.
E’ probabile che il Battesimo di Cristo sia
in qualche modo connesso a queste circostanze: la seconda fede
nuziale al dito mignolo
di Ram segnala la sua vedovanza e il picchio, simbolo di rigenerazione
spirituale e corporea, rimanda ad un ristabilimento fisico dopo
una malattia, quasi certamente la peste che aveva colpito Venezia nel 1510
(probabile
causa della morte della moglie).
Il quadro può quindi essere
datato tra la fine del 1511 e il 1513, anche sulla base del confronto
con altri lavori di Tiziano: l’Allegoria
delle Tre età dell’uomo (Edimburgo, National
Gallery of Scotland), un dipinto del 1512 dove il personaggio
a sinistra è analogo
al Battista, il Noli me tangere (Londra, National Gallery)
e l’Amor
Sacro e Profano (Roma, Galleria Borghese), opere eseguite
qualche tempo dopo, dove alcuni elementi del Battesimo di
Cristo vengono
ripresi e
sviluppati.
Nel 1511 Tiziano, a poco più di vent’anni,
aveva realizzato la sua prima grande impresa pittorica, la decorazione
degli ambienti
della Scuola del Santo a Padova con tre affreschi raffiguranti
i Miracoli di sant’Antonio, e in breve tempo aveva
conquistato un ruolo di primo piano: in una celebre lettera al
Consiglio
dei Dieci del maggio
1513, l’artista si metteva al servizio della Repubblica
di Venezia, dichiarando (con una punta di orgoglio) di aver rifiutato
l’invito
a recarsi a Roma a lavorare per il papa Leone X Medici. Nello
stesso periodo Tiziano stabilisce la propria bottega di pittore
nella parrocchia
di San Samuele.
Nel Battesimo di Cristo, come in altre opere di
questi anni, Tiziano intende affermare la propria autonomia stilistica
da
Giorgione
(morto di peste nel 1510) e dall’anziano, grande patriarca
della pittura veneziana, Giovanni Bellini, con inedite proposte
compositive e tonali:
gli scorci del viso del Battista e di Ram, nonché la geniale
soluzione di bilanciare i colori attraverso il bianco e il rosso
delle vesti di
Cristo in basso a sinistra sono i segni evidenti del rinnovamento
del linguaggio pittorico veneziano, di cui Tiziano sarà,
per tutta la sua lunga carriera, il principale protagonista.
Dopo
la morte di Giovanni Ram, il Battesimo di Cristo rimane di proprietà della
sua famiglia fino agli ultimi anni del Cinquecento. In seguito,
forse dopo la vendita, viene trasportato a Roma, dove nel 1624 è registrato
tra i beni del cardinale Carlo Emanuele Pio, ricco collezionista
di origini emiliane; trasmesso ai suoi eredi, viene ceduto nel
1750 ai Musei Capitolini,
insieme a molte opere della raccolta Pio.
(A cura di Sergio Guarino)
Il "Battesimo
di Cristo" di Tiziano,
esce, la prima volta dal 1750, dalla Pinacoteca Capitolina ed è in
mostra nella Cripta del Duomo di Siena fino
al 31 agosto 2012.