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Cinema - Mostre - Documenti

Dalla sala del teatro alla multisala del cinema

“ Come l’acqua, il gas o la corrente elettrica, entrano grazie ad
uno sforzo quasi nullo, provenendo da lontano, nelle nostre
abitazioni per rispondere ai nostri bisogni, così saremo
approvvigionati d’immagini e di sequenze di suoni, che si
manifestano a un piccolo gesto, quasi un segno, e poi subito ci
lasciano” (1).

Nelle sale cinematografiche della mia giovinezza lo schermo era teso nello specchio di una ribalta teatrale, talvolta era celato dal panneggio di un sipario che si apriva all’inizio della proiezione per chiudersi poi nell’intervallo fra un tempo e l’altro.
Il cinema era, nella forma in cui era presentato e nella mente delle persone che vi assistevano, uno spettacolo teatrale reso disponibile e ripetibile a piacimento grazie ad opportuni accorgimenti e tecnologie meccaniche.

E’ abbastanza comune che l’avvento di una nuova tecnologia o forma d’arte nasca e cresca in grembo alla tecnologia o arte che l’ha preceduta perchè ogni innovazione, se troppo repentina, rischia di non essere gradita dalla maggioranza delle persone.
I primi libri usciti dai torchi a stampa imitavano i codici manoscritti e ugualmente le prime automobili assomigliavano alle carrozze a cavalli.
Il cinema non è teatro, dal quale diverge per tecnologia e stile, ma il teatro è la cosa che più gli assomiglia e così, come l’esordio della fotografia fu associato alla pittura, ugualmente l’esordio del cinema fu assimilato al teatro.
Era anche un’opportunità perchè era più facile improvvisare uno schermo ed una cabina da proiezione che tirar su una nuova sala, per giunta il teatro era ancora lo spettacolo sociale più importante mentre il cinema appariva spettacolo minore, muto e incapace di esprimersi oltre la comica e la farsa di genere.
Per l’affinità con il teatro si sono progettate e costruite sale cinematografiche sulla falsariga delle sale teatrali anche se lo schermo, appeso alla parete di fronte al pubblico, non nascondeva le tavole di un palcoscenico. La sala è talvolta preceduta da un ridotto dove il pubblico può far salotto, e resiste l’uso d’interrompere la proiezione in due o tre tempi, come si fa in teatro per dar tempo agli attrezzisti di cambiare le scene ed agli attori di mutare il costume.
L’ affinità tiene vivo lo spirito di socializzazione proprio del teatro: il pubblico non è solo spettatore ma anche attore sociale offrendo la rappresentazione di se stesso.
Nella prima metà del novecento il cinema è stato il mezzo popolare più diffuso per diffondere modelli e stili di vita.
I regimi autoritari furono i primi ad impegnarvi risorse cospicue, in seguito anche le democrazie postbelliche ne hanno tratto benefici per diffondere costumi e comportamenti sociali adeguati alla modernità industriale.
Era uno spettacolo popolare distribuito con capillarità: dalle prime visioni, che si tenevano nelle sale più ricche e centrali, ancora immerse nella tradizione teatrale per l’architettura e la tipologia del pubblico che le frequentava, si passava in poche settimane alle seconde visioni proiettate in sale più moderne nel rispondere con coerenza alla funzione richiesta, per scendere alle terze, quarte ed infine quinte visioni proiettate nelle case del popolo e nelle opere parrocchiali.
I prezzi del biglietto scendevano di conseguenza e mutavano le abitudini: in prima visione si entrava all’inizio dello spettacolo e si usciva alla fine; il ridotto era provvisto di bar e poltrone per viverlo secondo l’uso teatrale, nelle altre visioni il pubblico entrava a spettacolo iniziato e usciva quando voleva, incurante degli orari, della sequenza logica della vicenda proiettata e del disturbo che poteva arrecare.
La voracità di spettacolo cinematografico era spinta dalla volontà di futuro diverso e dalla riflessione sulla vita quotidiana ed alimentava una vivace e ricca produzione locale: era il trionfo del neorealismo.
Oggi cinema e teatro sono chiaramente diversi e distinti.
Lo spettacolo teatrale non è solo immagini ma anche un rapporto sociale fra individui, mediato dalle immagini.
Il cinema, figlio tecnologico dello spettacolo teatrale, si è progressivamente allontanato dal teatro per approdare all’ultima spiaggia dello spettacolo televisivo.
Nello spettacolo televisivo lo spettatore si trova sul proscenio ed è nello stesso tempo protagonista, gli altri davanti ai propri monitor vedono una realtà aliena di cui non sono partecipi, una realtà che può essere vissuta anche in solitudine.
A differenza del teatro, che non può vivere in una sala vuota di pubblico, la televisione è uno spettacolo che parla a se stesso che non ha bisogno di spettatori. Lo spettatore è una statistica percentuale numerica: è audience.
La televisione è spettacolo privato che si consuma prevalentemente in spazi privati. Nella città contemporanea la distinzione fra pubblico e privato si è progressivamente affievolita a favore del privato, l’unico spazio nel quale la gente si sente a suo agio.
Gli spazi pubblici, che qualificavano e distinguevano il carattere delle città del passato, sono sempre più avvertiti come gli spazi del degrado e dei pericoli ignoti, abitati da gente aliena e poco raccomandabile, dai quali è bene tenersi il più lontano possibile.
Il modo migliore per vivere in sicurezza la città moderna è quello protetto dall’abitacolo di un’automobile, sempre più simile ad una stanza domestica nell’isolamento dall’esterno, nel comfort e nei servizi di cui è dotata.
In passato il cinema usava o imitava gli spazi del teatro, oggi per continuare ad essere accettato dal pubblico imita gli spazi della televisione. Una sala cinematografica accessibile a piedi o con mezzi pubblici ma lontana dai parcheggi può apparire inaccessibile o da evitare dal momento che per andarci bisogna rinunciare all’auto ed uscire dallo spazio privato per affrontare lo spazio pubblico.
La multisala, che sorge di norma al centro di un parcheggio, risolve il problema riducendolo ad un semplice trasferimento da un abitacolo all’altro.
L’architettura urbana di una multisala segue gli stessi criteri di un centro commerciale: è un contenitore anonimo che offre una hall di puro transito come quella di un aeroporto affollata di distributori di gadget, bevande, noccioline e videogiochi. Seguono gli ingressi delle sale di visione a proiezione continua ed automatica dei filmati.

L’architettura interna è tecnologica e si esplica nella qualità dei ricambi d’aria, nell’impianto di diffusione sonora, nella definizione dello schermo, nell’ergonomia delle sedute.
La varietà del menù offerto e la stringatezza dei modi, tagliati gli intervalli e ridotti i tempi di affluenza e sfollamento del pubblico, privatizza ancor di più lo spettacolo perchè lo spettatore sceglie e consuma un prodotto come sceglie e consuma un barattolo di pelati in un supermercato.

Gilberto Corretti
Firenze 5/03/07

Note
(1) Paul Valéry, Pieces sur l’art , Paris 1934

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Pagina pubblicata il 28-09-2007 - Aggiornato il 07-Lug-2015