Firenze scienza -
Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell'Ottocento
Il primato scientifico della Toscana e la nascita della nazione
di Antonio Paolucci, Presidente del Comitato Scientifico
Firenze Scienza
Nel 2011 Torino, prima
capitale, ospiterà negli spazi sontuosi della Venaria
Reale, la mostra principe dedicata ai centocinquant’anni dell’unità nazionale.
Il titolo non è ancora definito, è chiara invece la filosofia
che ispirerà l’evento.
In quella mostra, dislocate lungo i
percorsi e le sale rococò dai nomi
poetici (Galleria di Diana, Galleria dell’Orangerie) che fanno
di Venaria il clone subalpino di Versailles, troveranno adeguata rappresentanza
fra affreschi
e stucchi dorati, le capitali dell’Italia che nel fatale 1861 si
apprestava a diventare unita.
Le ‘Italie’ mi piacerebbe si
intitolasse la mostra se non fosse per le inopportune derive politiche,
di tipo particolarista e secessionista, che
nell’anno celebrativo dell’unità, una simile epigrafe
potrebbe sollecitare.
Una cosa è indubitabile, tuttavia. Se,
centocinquanta anni fa, l’unità del
Paese era sostenuta e giustificata da formidabili elementi comuni
quali la lingua, la religione, la storia, è altrettanto vero
che ogni parte d’Italia
e quindi ogni capitale dell’ordinamento preunitario, portava
alla nuova nazione la sua specifica identità, i suoi storici
caratteri distintivi.
Per esempio nel 1861 Firenze (e infatti come
tale verrà rappresentata
in mostra) significava, per gli italiani tutti, l’Arte e
la Lingua. Firenze, con Dante, con Petrarca, con Boccaccio, aveva ‘inventato’ l’idioma
colto e la letteratura della Nazione, mentre con Giotto, con il
Beato Angelico, con Donatello e con Michelangelo, aveva stabilito
in Europa
il primato degli
italiani nelle arti visuali. Di questo, fra le élites colte
del Paese, dal Piemonte alla Calabria, non c’era chi non
fosse persuaso.
Quello che nel 1861 era forse meno avvertito, oscurato
o comunque
tenuto in secondo piano dalla gloria delle Lettere e delle Arti,
era il ruolo
di Firenze
e della
Toscana nel settore delle Scienze. Eppure la Firenze degli ultimi
Lorena e di Leopoldo II in particolare era, alla vigilia dell’unità d’Italia,
un laboratorio di ricerca scientifica e di applicazioni tecnologiche
di primaria importanza con pochi confronti in Europa.
Era la Firenze
del Gabinetto Vieusseux (1820) e dell’Antologia (1821),
la Firenze del fisico Leopoldo Nobili che inventa la calamita
scintillante e realizza progressi importanti nel settore di frontiera
dell’elettromagnetismo,
di Giovan Battista Amici costruttore di microscopi di altissima
qualità,
del medico Filippo Pacini che scopre nel 1854 il vibrione del
colera, dell’abate
senese Giovanni Caselli che sviluppa il principio del fax, il
principio cioè della
trasmissione tramite impulsi elettrici di immagini e testi.
Questa
Firenze portava un contributo importante di saperi e di mestieri,
di competenze e di specializzazioni al Paese che stava
nascendo.
Questo aspetto meno noto della civiltà fiorentina
dell’Ottocento,
quasi la faccia in ombra della luna, che viene presentato oggi
grazie al coinvolgimento dei musei, delle biblioteche, dell’Università,
delle Soprintendenze e delle istituzioni scientifiche e letterarie
cittadine, è un buon segno.
Non di solo Rinascimento è fatta la storia di Firenze.
L’eredità di
Galileo ha attraversato l’Ottocento ed è confluita
nell’Italia
unita. Era giusto farlo intendere. Dobbiamo gratitudine a chi
questa importante emersione ha reso possibile
Conferenza stampa di "Firenze
scienza" con i rappresentanti delle istituzioni coinvolte
Torna
a:
Firenze scienza -
Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell'Ottocento