Come si lavora per realizzare
i manufatti di cotto dell’Impruneta
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Galestro.
O Terra turchina.
Si chiama così l’argilla di color azzurro
violaceo, ricca di minerali e di materiali organici, che abbonda
nell’area
di Impruneta. Si tratta dell’argilla da cui nasce il cotto,
con le sue peculiarità chimico-fisiche che determinano
sia le caratteristiche estetiche del prodotto (un caldo rosso
rosato), sia la straordinaria robustezza e resistenza agli agenti
atmosferici,
gelo in particolare.
Le fasi della produzione sono cinque: raccolta
e macinazione, lavorazione, essiccamento, cottura, bagnatura.
Ovvero terra, acqua, aria, fuoco, i quattro
elementi aristotelici che, dosati dalle abili mani artigiane,
danno all’uomo prodotti utili e belli. |
La raccolta è abbastanza semplice.
L’area è di formazione
geologica recente, i giacimenti sono per lo più a cielo aperto e
quasi sempre le fornaci si trovano ai margini. Il galestro viene dunque
facilmente trasportato sul luogo di lavorazione e qui messo ad asciugare
sotto appositi loggiati per dar modo alle sostanze organiche di sciogliersi,
rendendo l’argilla ancora più duttile.
A questa fase preliminare
segue la macinazione, indispensabile per polverizzare
i residui pietrosi. Un filtraggio successivo separa le parti più grossolane
(grossumini) dalle più sottili (fiori). Le prime si usano
per i laterizi, le seconde per gli altri manufatti (orci, vasi, conche,
sculture e
oggetti
vari). Prima di procedere, però, si aggiunge acqua pulita,
di solito 1⁄4
di litro ogni 100 grammi di argilla.
Quindi si passa alla lavorazione vera
e propria. Le difficoltà variano sensibilmente a seconda
che si tratti di lavoro quadro (mattoni, tegole, embrici) o lavoro
tondo (conche,
orci, vasi). Nel primo caso, si mescola l’impasto con la
terra gialla (proviene dai depositi superficiali e per questo è più grassa),
poi lo si distribuisce in stampi di diverse forme e dimensioni.
Si livella con una stecca, si estrae dagli stampi, si fa seccare,
infine
si mette
in forno. Tutto piuttosto semplice. I mattoni nascono così.
La
vera abilità del vasaio si vede invece nel lavoro
tondo.
Prendiamo una conca (ma un orcio è lo stesso). Prima
si ‘fonda’ (prepara)
la base, poi si procede, sempre a mano, a forza di lucignoli.
Si tratta di cilindretti di argilla che vengono disposti uno
sull’altro e plasmati
con precisione e attenzione per garantire la giusta curvatura
e il giusto spessore. E’ un lavoro chiamato colombino,
che procede assai lento e che richiede tutta un’abilità artigiana.
Si va per gradi. Finché la parte già plasmata non
si asciuga fino a raggiungere la cosiddetta durezza cuoio, non è possibile
sovrapporre nuovi lucignoli. Dunque la conca cresce non più di
20/30 cm al giorno. Per far prima, c’è chi usa calchi
o gusci (anime) in gesso o in terracotta. Certo, non è la
stessa cosa.
Prima della cottura, i manufatti vanno all’essiccamento.
Processo che non deve essere ne’ troppo lento ne’ troppo
veloce, perché si
deve sì raggiungere la durezza cuoio, ma occorre anche
conservare quel tanto di umidità che consentirà di
affrontare indenni le alte temperature del forno. L’essiccamento
avviene dunque nel modo più naturale, d’inverno
in ampi saloni ventilati, d’estate
sotto loggiati all’aria aperta.
I forni sono a doppia camera,
tecnica rimasta tale dai tempi di Roma antica. Si tratta di due
vani sovrapposti. In basso la
camera
di
combustione, dove
si accende il fuoco con fascine di legno o combustibile a gas.
Sopra i manufatti stivati. I due ambienti comunicano con una
serie di fessure
attraverso
le quali il calore si diffonde in modo omogeneo.
In genere, i
tempi di cottura variano molto e sono sempre particolarmente
lunghi.
L’argilla,
infatti, non deve subire shock termici. Dunque, tra preriscaldamento,
cottura e raffreddamento passano dalle 36 alle
65 ore. A cottura
finita, i cotti
(finalmente tali) vanno alla bagnatura. Può sembrare un’inezia,
ma è una delle fasi più importanti, quella che
dà ai
prodotti d’Impruneta la capacità di resistere agli
sbalzi di temperatura e al gelo.
In un recente volumetto "La Terracotta dell’Impruneta",
Edifir, collana I mestieri d’arte, Laura Casprini Gentile e Laura
Hamad, raccontano la lavorazione del cotto.

©www.zoomedia.it vanna innocenti 23 marzo 2009
"Il cotto dell'Impruneta" particolare
di ghirlanda a foglie e frutta
di manifattura fiorentina in terracotta del XVII-XVIII sec.
proveniente dal Giardino
di Boboli, Firenze.