Ai
tempi di mio nonno, quando ancora non esistevano le strade carrozzabili
e tutto si snodava per vie mulattiere, avvenivano casi impensabili.
Non c'erano più i briganti ma continuavano a vivere gli animali
pericolosi.
Una sera d'autunno, seduto di fronte alla fiamma del camino, che
stava riscaldando un grosso calderone di rame ricolmo d'acqua appeso
alla nera catena che scendeva dalla cappa, il nonno iniziò
a raccontare. Io avevo preso il mio posto abituale, sotto la cappa
seduto su una panchina di legno, esponevo le mie gambotte ciccione
al calore del fuoco, e lo ascoltavo curioso, come fanno tutti i
bambini.
-
"Un giorno, di tanti anni fà, rientravo a casa. Abitavamo
quei tempi a Pastina, io ero ancora giovane, vivevo con mio padre.
Dovevo percorrere due volte al giorno la strada mulattiera che collega
la frazione al centro, ed il percorso era di una ventina di minuti
a scendere al mattino, ma ne occorreva il doppio alla sera per rincasare.
Quella sera d'autunno, ripensando alla giornata trascorsa in negozio,
risalivo come d'abitudine, piano piano, passo dopo passo, lerta
strada mulattiera, cercando di mettere il piede sempre sulle stesse
pietre che conoscevo ormai a menadito, per non inciampare e per
non inzaccherare scarponi e pantaloni. Avevo con me la mia solita
sporta di vimini che, sera e mattina mi accompagnava lungo il percorso
e che serviva a riportare a casa la spesa che mia madre ogni giorno
mi chiedeva di fare. Il paese dove abitavo si faceva sempre più
vicino al mio avanzare, ma prima di arrivare dovevo attraversare
un folto castagneto di grosse piante con tronchi secolari con grandi
chiome fronzute verdi scure, tremule alla brezza della sera. Appena
la strada si addentrava nel folto bosco il chiaro del giorno svaniva
ed il camminare diventava più difficile specialmente per
chi non conosceva il luogo. Gli alberi assumevano pose strane, mi
attorniavo di tetre figure e di fantasmi neri. Il canto improvviso
della civetta, lo stormire delle fronde agitate dal vento, il fruscio
di qualche animaluccio che viveva nel bosco, faceva una certa impressione,
ma io c'ero abituato e non ci davo più importanza; ma le
donne
, quella strada di sera la percorrevano malvolentieri
e solo se qualcuno le accompagnava".
Il nonno di tanto in tanto allungava le braccia verso la fiamma
del camino per riscaldarsi le mani che ritraeva stropicciandole
come se sentisse ancora quei fremiti che aveva avuto da giovane
quando passava per là.
-"Avevo
raggiunto circa la metà del bosco", riprese il nonno
a raccontare dopo una pausa di riflessione, "quando d'un tratto
vidi ad una ventina di passi da me due luci fosforescenti, vicine
l'una all'altra. D'istinto mi fermai e sorpreso rimasi immobile
per capire di cosa si trattasse".
Il nonno continuava ad allungare e ritrarre le mani dal fuoco, dondolandosi
sulla sedia, faceva delle pause, mi guardava per vedere la mia espressione
curiosa, poi continuò:
-
"Faceva troppo buio in quel luogo e senza farmi prendere dalla
paura attesi. Volevo interpretare la misteriosa apparizione e nello
stesso tempo mi spostai lentamente e mi misi a ridosso di un grosso
tronco cavo di castagno, al quale stavo per chiedergli protezione".
Il nonno, che conosceva bene quellalbero e la sua posizione,
pensava forse di salirci sopra, ma non ne ebbe il tempo, ma potè
proteggersi contro.
-
"Ad un tratto intesi un ringhiare sommesso e tra le due luci
vidi digrignare bianchi denti tra rosse fauci avide di pasto".
Vidi il nonno fare una smorfia di disgusto, riviveva sicuramente
in quel momento la scena, poi proseguì:
-
"Mi prese un fremito da capo a schiena; appoggiato al grosso
albero di castagno ero sicuro di essere protetto alle spalle, allora
non mi persi d'animo. Anche l'animale nel frattempo si era mosso
uscendo dall'oscurità, riuscii a vederlo chiaramente. Aveva
un muso aguzzo, ampie orecchie erette, uno scuro pellame folto,
la coda villosa e pendente, di tanto in tanto spalancava le fauci
per ululare".
Normalmente il lupo vive solitario o a coppie nei boschi e nelle
macchie, dove assale piccoli animali; non si avvicina all'abitato
se non spinto dalla fame.
Sapevo
anche che i lupi non attaccano l'uomo, diventano pericolosi se uniti
in branco. Dal mio rifugio, senza fare bruschi movimenti riuscivo
a controllare le sue mosse, nel contempo estrassi dalla sporta il
giornale che ogni sera portavo al vecchio genitore, accesi un fiammifero
e lo incendiai. Appena le fiamme divamparono, stesi il braccio in
avanti con il giornale infiammato e saltai improvvisamente verso
il lupo gridando e ripetendo:
-
"Brucia! Brucia la coda del lupo! Brucia la coda del lupo....".
L'animale preso all'improvviso, tanto fu lo stupore che balzò
all'indietro e se la dette a tutte gambe, fuggendo lontano. Tenendo
sempre stretta con la mano sinistra la mia sporta, allungai il passo
continuando a gridare e così sono riuscito ad uscire dal
folto bosco.
Raccontai
questa storia agli amici del paese, nessuno ci voleva credere, era
una cosa strana, mai capitata a nessuno. Tutti si guardavano stupiti
l'un con l'altro e si domandavano:
-
"Il lupo? Ma quale lupo".
All'indomani però, tutti coloro che dovettero recarsi fuori
del paese, per lavoro o per affari, partirono tutti armati, chi
di fucile da caccia, chi di runcole e pennati, a tutti era venuta
la sindrome del lupo.
RUGgGIO
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