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Firenze

"De Chirico Max Ernst, Magritte e Balthus. Uno sguardo nell'invisibile" Fino al 18 luglio 2010


©www.zoomedia.it - vanna innocenti 2010
Nell'immagine, un momento durante l'anteprima a "De Chirico Max Ernst, Magritte e Balthus. Uno sguardo nell'invisibile" con Paolo Baldacci, curatore della mostra con Guido Magnaguagno e Gerard Roos.

Giorgio de Chirico - Biografia

De Chirico è nato a Volo, il 10 luglio 1888 ed è morto a Roma il 20 novembre 1978.

La famiglia De Chirico, di lingua italiana e originaria di Ragusa (Dubrovnik), apparteneva alla nobiltà dell’impero austriaco e si era trasferita all’inizio del Settecento a Costantinopoli. Gli antenati avevano ricoperto vari incarichi diplomatici, tra cui quello di rappresentanti del Regno di Sardegna presso la Sublime Porta.

Con il Risorgimento e il moto unitario guidato da casa Savoia, il nonno Giorgio Filigone de Chirico divenne cittadino italiano e ambasciatore del Regno d’Italia. Sposato con Adelaide Mabili y Bouligny, discendente di una nobile famiglia spagnola già imparentata coi De Chirico, Giorgio Filigone ebbe numerosi figli, alcuni dei quali ereditarono una forma di infermità mentale di origine genetica dovuta agli incroci tra consanguinei.

Il padre del pittore, Evaristo, immune da queste alterazioni, intraprese studi di ingegneria e, anche per contrastare la decadenza economica del casato, si impegnò in imprese industriali ed economiche di successo nel campo delle costruzioni ferroviarie nei paesi balcanici. Stabilitosi in Grecia, vi divenne un personaggio di grande spicco, responsabile della realizzazione della rete ferroviaria tra Atene e la Tessaglia.
Sposato con Gemma Cervetto, nata a Smirne in una famiglia della piccola borghesia commerciale di origini italiane, ebbe tre figli: Adele, nata nel 1884 e morta in giovane età, Giuseppe Giorgio detto Giorgio e Andrea Alberto detto Alberto (noto dopo il 1914 con il nome d’arte di Alberto Savinio). Giorgio e Alberto manifestarono fin da piccoli inclinazioni artistiche, e per quanto la famiglia avesse pensato di fare del primo un ingegnere e del secondo un diplomatico essi si dedicarono, soprattutto per intercessione della madre, alla pittura e alla musica studiando al Politecnico e al Conservatorio di Atene. Nel maggio 1905 il padre Evaristo muore e poco più di un anno dopo, nel settembre 1906, Gemma de Chirico lascia la Grecia portando i figli a studiare a Monaco di Baviera, dove Giorgio si iscrive all’Accademia e Alberto frequenta le lezioni del compositore Max Reger.

Alberto lascia Monaco con la madre già nel febbraio del 1907 per venire in Italia e pochi mesi dopo si stabilisce a Milano, dove Giorgio li raggiungerà definitivamente alla fine di maggio del 1909. La decisiva maturazione artistica di De Chirico avviene tra il 1908 e il 1910, sia a contatto con un gruppo di compagni d’accademia greci e tedeschi sia nel fecondo rapporto col precocissimo fratello. Fianco a fianco i due si impegnano nello studio delle letterature antiche e moderne, della musica, della filosofia e della storia delle religioni, mirando soprattutto a porre le basi di un’estetica nuova, con fondamenti filosofici e contenuti modernamente simbolici, che nella loro concezione doveva potersi applicare sia alle arti figurative sia alla musica.

Tappe fondamentali di questo percorso sono l’assorbimento della lezione dei grandi maestri del Simbolismo di area tedesca (1908-1909), soprattutto Arnold Böcklin e Max Klinger, e la conoscenza delle opere di Nietzsche (1909-1910), di Schopenhauer e dei filosofi presocratici (1910).

Nell’ottobre del 1909 un viaggio a Roma e a Firenze è decisivo per la nascita dei primi quadri “metafisici”.

Alla fine di gennaio del 1910 i De Chirico lasciano Milano e si trasferiscono a Firenze, dove Giorgio e Alberto lavorano assieme fino al gennaio seguente (1911), quando il minore si reca a Monaco per presentare per la prima volta al pubblico le sue innovative composizioni musicali, insieme ad alcuni pezzi composti dal fratello sui medesimi temi filosofici che avevano ispirato i suoi primi quadri. In seguito all’insuccesso, Alberto non torna a Firenze e parte direttamente per Parigi.
Giorgio rimarrà a Firenze con la madre fino al mese di luglio e quindi raggiungerà il fratello nella capitale francese. Il periodo fiorentino, povero di quadri ma ricco di studi, di riflessioni e di appunti grafici per future composizioni, è quello della piena maturazione della nuova arte, che prenderà il nome di Pittura Metafisica, nel senso che si tratterà di un’arte intesa a rivelare, come la metafisica degli antichi, l’essenza nascosta e invisibile del mondo, quella che sta oltre le cose fisiche. Ma questa viene identificata, sulla scorta del pensiero nichilista tedesco, non in una realtà spirituale o in una verità trascendente, bensì nella semplice assenza di ogni verità e di ogni spiegazione. Si arriva quindi alla contemplazione dell’illogica e pura bellezza di una materia priva di senso e capace di far esplodere una sconcertante pluralità di interpretazioni e di significati.

A Parigi, fra il 1912 e il 1913, espone al Salon d’Automne e al Salon des Indépendants, e incomincia a essere notato dalla critica.
Diventa uno degli artisti prediletti di Guillaume Apollinaire, e all’inizio del 1914 firma un contratto con il gallerista e mercante Paul Guillaume.

Nel 1915, con l’ingresso in guerra dell’Italia, i fratelli De Chirico devono lasciare Parigi e vengono inviati a Ferrara, tra le riserve di fanteria. Qui incontrano e frequentano Filippo de Pisis e nell’aprile del 1917, in seguito all’arrivo del più anziano e già noto Carlo Carrà, partito Savinio per il fronte della Macedonia, nasce la brevissima stagione della “scuolametafisica”, cioè il sodalizio tra Giorgio de Chirico e Carlo Carrà a Villa del Seminario. Com’è noto, la pittura di Carrà viene fortemente influenzata dalle forme di De Chirico, e a questo nuovo clima estetico si accosteranno ben presto, con maggiore o minore indipendenza, molti altri artisti.

Alla fine del 1918, terminata la guerra, De Chirico e Savinio partecipano con Carrà, Melli e Soffici all’impresa della rivista-movimento «Valori Plastici», cui si affiancheranno poco più tardi il giovane Giorgio Morandi e lo scultore Arturo Martini. Il periodo di «Valori Plastici», che cesserà le pubblicazioni nel 1922, è segnato per De Chirico da un’intensa attività come scrittore, teorico e critico, e da un progressivo abbandono dell’iconografia metafisica nel quadro di un generale ritorno alla tradizione.

Deluso dal rifiuto oppostogli dall’ambiente artistico italiano, dal 1925 si trasferisce a Parigi e si accosta ai surrealisti, con cui rompe già l’anno seguente.

Nel 1929 esce il suo capolavoro letterario, il romanzo visionario Hebdomeros.

Dalla fine degli anni Venti si dedica con maggiore impegno alla scenografia, realizzando fra l’altro scene e costumi per i Balletti Russi di Serge Diaghilev (Le Bal, 1929) e per il Maggio Musicale Fiorentino (I puritani, 1933).

Gli anni Trenta segnano anche il riavvicinamento di De Chirico all’Italia, dove torna a risiedere dal 1932, esponendo alle Biennali di Venezia e alla Quadriennale di Roma. Dall’agosto 1936 al gennaio 1938 vive a New York, dove espone con successo alla galleria di Julien Levy e viene incluso nella storica rassegna “FantasticArt, Dada, Surrealism” organizzata al Museum of Modern Art di New York (1936-1937).

Rientrato in Italia nel gennaio del 1938, inizia a sfruttare la grande fama conseguita all’estero, rafforzata dalle voci dei trionfi commerciali della sua pittura metafisica sul mercato americano. Avvia un deciso corteggiamento del regime fascista, dal quale era stato fino ad allora molto distante per indole e per gusti culturali, rimanendo inviso a molti ma anche ottenendo di entrare nelle grazie di alcuni alti gerarchi e soprattutto di Galeazzo Ciano. È uno dei maggiori protagonisti della triste Biennale di guerra del 1942, riservata ai soli paesi dell’Asse.
Fino al settembre del 1939 si divide tra Italia e Francia iniziando le sue sperimentazioni di nuove tecniche pittoriche riesumate da antichi trattati accademici del Sette e dell’Ottocento. Inizia il periodo cosiddetto “barocco”, ispirato ai Veneziani, soprattutto Tintoretto, e a Rubens. Nel 1944 si trasferisce definitivamente a Roma, mentre in America esce la prima edizione della monografia di James Thrall Soby (1941) e le gallerie di Pierre Matisse (1940) e Peggy Guggenheim (1943) dedicano grandi mostre alla sua pittura metafisica, ricercata da tutti i musei d’arte moderna.

Negli anni Sessanta traduce in scultura molti suoi soggetti metafisici e barocchi e crea la felice serie dei dipinti cosiddetti “neometafisici”.

Nel 1974 viene accolto presso l’Académie des Beaux-Arts dell’Institut de France.

Muore a Roma il 20 novembre del 1978.
Dal catalogo della mostra "De Chirico, Max Ernst, Magritte, Balthus. Uno sguardo nell'invisibile" ed. Mandragora

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Mostre in Palazzo Strozzi

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Pagina pubblicata il 26-03-2010 - Aggiornato il 22-Mar-2010