Giorgio de Chirico - Biografia
De Chirico è nato a Volo, il 10 luglio
1888 ed è morto
a Roma il 20 novembre 1978.
La famiglia De Chirico,
di lingua italiana e originaria di Ragusa (Dubrovnik), apparteneva
alla nobiltà dell’impero austriaco e si era
trasferita all’inizio del Settecento a Costantinopoli. Gli
antenati avevano ricoperto vari incarichi diplomatici, tra cui
quello di rappresentanti del Regno di Sardegna
presso la
Sublime Porta.
Con il Risorgimento e il moto unitario guidato da
casa Savoia,
il nonno Giorgio Filigone de Chirico divenne cittadino italiano
e ambasciatore del Regno d’Italia. Sposato con Adelaide Mabili
y Bouligny, discendente di una nobile famiglia spagnola già imparentata
coi De Chirico, Giorgio Filigone ebbe numerosi figli, alcuni dei
quali ereditarono
una forma di infermità mentale di origine genetica dovuta
agli incroci tra consanguinei.
Il padre del pittore, Evaristo,
immune da
queste alterazioni, intraprese studi di ingegneria e, anche
per contrastare la decadenza economica del casato, si impegnò in
imprese industriali ed economiche di successo nel campo delle
costruzioni ferroviarie nei
paesi balcanici. Stabilitosi in Grecia, vi divenne un personaggio
di grande spicco, responsabile della realizzazione della rete
ferroviaria tra Atene e la Tessaglia.
Sposato con Gemma Cervetto, nata
a Smirne
in
una famiglia
della piccola borghesia commerciale di origini italiane, ebbe
tre figli: Adele, nata nel 1884 e morta in giovane età,
Giuseppe Giorgio detto Giorgio e Andrea Alberto detto Alberto
(noto dopo il 1914 con
il nome d’arte di Alberto Savinio). Giorgio e
Alberto manifestarono fin da piccoli
inclinazioni artistiche, e per quanto la famiglia avesse
pensato di fare del primo un ingegnere e del secondo un diplomatico
essi si dedicarono, soprattutto per intercessione della madre,
alla pittura e alla musica studiando al Politecnico e al Conservatorio
di Atene. Nel maggio 1905 il padre Evaristo
muore e poco più di
un anno dopo, nel settembre 1906, Gemma de
Chirico lascia la Grecia portando i figli a studiare a Monaco
di Baviera, dove
Giorgio si iscrive all’Accademia e Alberto frequenta
le lezioni del compositore Max Reger.
Alberto lascia Monaco
con la madre già nel febbraio del 1907 per
venire in Italia e pochi mesi dopo si stabilisce a Milano,
dove Giorgio li raggiungerà definitivamente alla fine
di maggio del 1909. La decisiva maturazione
artistica di De Chirico avviene tra il
1908 e il 1910, sia a contatto con un gruppo di compagni
d’accademia
greci e tedeschi sia nel fecondo rapporto col precocissimo
fratello. Fianco a fianco i due si impegnano nello studio delle
letterature antiche
e moderne, della musica, della filosofia e della storia delle
religioni, mirando soprattutto a porre le basi di un’estetica
nuova, con fondamenti filosofici e contenuti modernamente simbolici,
che nella loro concezione
doveva potersi applicare sia alle arti figurative sia alla
musica.
Tappe fondamentali di questo percorso sono l’assorbimento
della lezione dei grandi maestri del Simbolismo di
area tedesca (1908-1909),
soprattutto Arnold Böcklin e Max Klinger,
e la conoscenza delle opere di Nietzsche (1909-1910),
di Schopenhauer e dei
filosofi presocratici (1910).
Nell’ottobre
del 1909 un viaggio a Roma e a Firenze è decisivo
per la nascita dei primi quadri “metafisici”.
Alla
fine di gennaio del 1910 i De Chirico lasciano
Milano e si trasferiscono
a Firenze, dove Giorgio e Alberto lavorano assieme fino al
gennaio seguente (1911), quando il minore
si reca a Monaco per presentare per
la prima volta al pubblico le sue innovative composizioni musicali,
insieme ad alcuni pezzi composti dal fratello sui medesimi
temi filosofici che avevano ispirato i suoi primi quadri. In
seguito all’insuccesso,
Alberto non torna a Firenze e parte direttamente per Parigi.
Giorgio rimarrà a Firenze
con la madre fino al mese di luglio e quindi raggiungerà il
fratello nella capitale francese. Il periodo fiorentino,
povero di quadri ma ricco di studi, di riflessioni e di appunti
grafici
per future
composizioni, è quello della piena maturazione della
nuova arte, che prenderà il nome di Pittura
Metafisica,
nel senso che si tratterà di un’arte intesa
a rivelare, come la metafisica degli antichi, l’essenza
nascosta e invisibile del mondo, quella che sta oltre le cose
fisiche. Ma questa viene identificata, sulla
scorta del pensiero nichilista tedesco, non in una realtà spirituale
o in una verità trascendente, bensì nella semplice
assenza di ogni verità e di ogni spiegazione. Si arriva
quindi alla contemplazione dell’illogica e pura bellezza
di una materia priva di senso e capace di far esplodere una
sconcertante pluralità di
interpretazioni e di significati.
A Parigi, fra il 1912 e il
1913, espone al Salon d’Automne e
al Salon des Indépendants, e incomincia a essere notato
dalla critica.
Diventa uno degli artisti prediletti di Guillaume
Apollinaire,
e all’inizio del 1914 firma un contratto
con il gallerista e mercante Paul Guillaume.
Nel 1915, con l’ingresso
in guerra dell’Italia, i fratelli
De Chirico devono lasciare Parigi e vengono inviati a Ferrara,
tra le riserve di fanteria. Qui incontrano e frequentano Filippo
de Pisis e nell’aprile
del 1917, in seguito all’arrivo del
più anziano
e già noto Carlo Carrà, partito
Savinio per il fronte della Macedonia, nasce la brevissima
stagione della “scuolametafisica”,
cioè il sodalizio tra Giorgio de Chirico e Carlo
Carrà a
Villa del Seminario. Com’è noto, la pittura
di Carrà viene
fortemente influenzata dalle forme di De Chirico, e a questo
nuovo clima estetico si accosteranno ben presto, con maggiore
o minore indipendenza,
molti altri artisti.
Alla fine del 1918, terminata la guerra,
De Chirico e Savinio partecipano con Carrà, Melli e
Soffici all’impresa della rivista-movimento «Valori
Plastici», cui si affiancheranno poco più tardi
il giovane Giorgio Morandi e lo scultore Arturo
Martini. Il
periodo di «Valori
Plastici», che cesserà le pubblicazioni nel 1922, è segnato
per De Chirico da un’intensa attività come scrittore,
teorico e critico, e da un progressivo abbandono dell’iconografia
metafisica nel quadro di un generale ritorno alla tradizione.
Deluso dal rifiuto oppostogli dall’ambiente artistico
italiano, dal 1925 si trasferisce a
Parigi e si accosta ai surrealisti, con cui rompe
già l’anno seguente.
Nel 1929 esce il suo capolavoro
letterario, il romanzo visionario Hebdomeros.
Dalla fine degli anni Venti si dedica con maggiore impegno
alla scenografia, realizzando fra l’altro scene e costumi per
i Balletti Russi di Serge Diaghilev (Le Bal, 1929) e per il Maggio
Musicale Fiorentino
(I puritani, 1933).
Gli anni Trenta segnano anche il riavvicinamento
di De Chirico all’Italia, dove torna
a risiedere dal
1932, esponendo alle Biennali di
Venezia e alla Quadriennale
di Roma. Dall’agosto
1936 al gennaio 1938 vive a New York, dove espone
con successo alla galleria di Julien Levy e viene incluso
nella storica
rassegna “FantasticArt, Dada,
Surrealism” organizzata al Museum
of Modern Art di
New York (1936-1937).
Rientrato in Italia nel gennaio del
1938, inizia a sfruttare la grande
fama conseguita all’estero, rafforzata dalle voci dei
trionfi commerciali della sua pittura metafisica sul mercato
americano. Avvia
un deciso corteggiamento del regime fascista, dal quale era
stato fino ad allora molto distante per indole e per gusti
culturali, rimanendo
inviso a molti ma anche ottenendo di entrare nelle grazie
di alcuni alti gerarchi e soprattutto di Galeazzo
Ciano. È uno
dei maggiori protagonisti della triste Biennale di
guerra del 1942, riservata ai
soli paesi dell’Asse.
Fino al settembre del 1939 si divide tra Italia
e Francia iniziando le sue sperimentazioni di nuove
tecniche pittoriche riesumate da
antichi trattati accademici del Sette e dell’Ottocento.
Inizia il periodo
cosiddetto “barocco”, ispirato ai Veneziani, soprattutto
Tintoretto, e a Rubens. Nel 1944 si
trasferisce definitivamente a Roma,
mentre in America esce la prima edizione della monografia
di James
Thrall Soby (1941) e le gallerie di Pierre
Matisse (1940) e Peggy Guggenheim
(1943) dedicano grandi mostre alla sua pittura
metafisica, ricercata
da tutti i musei d’arte moderna.
Negli anni Sessanta
traduce in scultura molti suoi soggetti metafisici e barocchi
e crea la felice serie dei dipinti
cosiddetti “neometafisici”.
Nel 1974 viene accolto presso l’Académie des
Beaux-Arts dell’Institut de France.
Muore a Roma il
20 novembre del 1978.
Dal catalogo della mostra "De Chirico,
Max Ernst, Magritte, Balthus. Uno sguardo nell'invisibile" ed.
Mandragora