L'Arte dei Fabbri a Firenze
Si hanno testimonianze di questa Arte,
presentataci come una tra le più importanti e ricche, intorno
alla fine del XIII secolo. Molti degli oggetti di uso quotidiano erano
realizzati in ferro, di cui era perciò indispensabile la lavorazione:
coltelli, rasoi, vanghe, aratri e scuri.
Agli inizi del 1400 anche il mestiere del maniscalco
venne iscritto all’Arte dei Fabbri: questo mestiere era richiesto
talmente, che spesso era svolto anche nei giorni festivi, soprattutto
in caso di guerra; nella seconda metà del Trecento, i primi
statuti riguardano anche i sensali di cavalli da sella e animali da
soma e i carbonai. Oltre a loro, appartenevano all’Arte anche
mercanti di cavalli e gli arrotatori di forbici, per cui erano fissati
particolari salari. Dal 1410, inoltre, anche Corazzai e Spadai entrarono
a far parte dell’Arte. I coltelli prodotti dai fabbri fiorentini
venivano venduti perfino nell’Impero Bizantino, grazie all’ottima
qualità dei manufatti. Finora il coltello era personale e usato
in tutte le attività senza distinzioni: solo nel Rinascimento
cominciò ad assumere forme diverse a seconda dell’uso
a cui era destinato.
Considerata l’enorme fatica a cui i garzoni, la vera forza lavoro
della bottega, in quanto forgiavano i pezzi di ferro con incudine
e martello, erano sottoposti nel loro apprendistato, godevano di maggiori
benefici e vantaggi rispetto a quelli delle altre arti.
Sant’Eligio, orefice, soprintendente alla zecca di Parigi sotto
Clotario II, vescovo di Rouen e maniscalco, fu il Santo protettore
dei fabbri: le celebrazioni in suo onore avvenivano il 25 giugno,
il suo tabernacolo sulla facciata della Chiesa di Orsanmichele, dal
lato di via dell’Arte della Lana, é uno dei più
importanti per la città. Nello sfondo dietro la statua si vede
riprodotta la tenaglia, tipico strumento del mestiere. Nel basamento
é invece rappresentato il lavoro del maniscalco mentre ferra
il cavallo di un’amazzone.
Quello del maniscalco é un lavoro tra i più caratteristici
dell’artigianato del ferro: i suoi compiti andavano dalla completa
cura del cavallo alla cerchiatura delle ruote dei carri. Inoltre,
molto spesso i maniscalchi sapevano curare e operare i cavalli, svolgendo
così anche la funzione di veterinari: tutti i loro strumenti
erano prodotti in ferro.
Particolare era il lavoro del cesellatore, che eseguiva le decorazioni
a bassorilievo su oggetti metallici: disegnata l’immagine da
eseguire, il metallo veniva battuto su un’incudine ricavando
così un’impronta, riempita poi di cemento per rendere
il materiale più consistente, e solo allora si procedeva alla
realizzazione del disegno.
Incudine e martello sono stati i primi e unici strumenti del fabbro
per lungo tempo, fin quando si scoprì che si poteva fondere
il ferro e versarlo nello stampo: innovazione questa che incrementò
la produzione e la vendita di molti manufatti. Gli stampi erano costruiti
da artigiani, a seconda dell’oggetto da realizzare, e servivano
soprattutto a produrre molti elaborati con la stessa tecnica di decorazione.
Altre tecniche di decorazione erano l’incisione con acidi, che
consisteva nel versare acido sul metallo parzialmente ricoperto di
cera: le parti scoperte riproducevano un disegno leggerissimo, a volte
messo in risalto con vernici o altri metalli; e l’incisione
a scalpello, usata soprattutto tra XVI e XVII sec. tramite trapano,
lima e altri utensili.
Legate al ferro, oltre all’Arte dei Fabbri, erano anche l’Arte
di Corazzai e Spadai e l’Arte
dei Chiavaioli.

Lampadario della Chiesa di Barbiana dopo il restauro ©www.zoomedia.it
2003
Laura Bartali
elaborato da
"Breve storia dei mestieri artigiani
La tradizione fiorentina"
di M.P.Lebole
Edifir Ed. Firenze 2003