L’ARTIGIANATO DEI METALLI NELLA CULTURA TRADIZIONALE AFRICANA
La scoperta del ferro (mito dei Kuba-Bushongo, “uomini
del coltello da getto”)
Un giorno Woto (quarto re Bushongo) trovò una grande pietra
che Bumba le Chembe (l’Essere supremo) aveva defecato. “Cos’è?”,
egli chiese; e la gente rispose: “E’ l’escremento
di Dio!”. Allora Woto ordinò che la pietra fosse trasportata
al villaggio e che le si tributassero onori. La notte seguente Woto
vide Bumba apparirgli in sogno e dirgli: “Tu hai agito saggiamente
onorando tutto ciò che da me proviene, anche i miei escrementi.
Come ricompensa, ti insegnerò come servirtene”. e così
Bumba insegnò a Woto il metodo per estrarre il ferro dal minerale.
In Africa l’origine della metallurgia é antichissima,
tanto che la scoperta del ferro entra
a far parte della mitologia dove l’eroe fondatore è spesso
un fabbro che ha generalmente l’aspetto strano o animalesco,
di frequente un nano, immaginato talvolta con la pelle chiara. Il
suo arrivo sulla terra e il suo essere il tramite con le divinità
superiori regala all’umanità alcune scoperte fondamentali
fatte nella sua fucina posta nella boscaglia, in una caverna o addirittura
sotterranea: l’uso del fuoco, la ceramica, l’arco e le
frecce, l’agricoltura e i suoi strumenti, l’allevamento..
Prima della sua venuta gli uomini non conoscevano il giusto modo di
riprodursi e di far nascere i figli; il fabbro insegna anche a dare
un nome ai bambini.
In realtà la scoperta e la capacità di lavorare i metalli
costituiscono uno di quei passi fondamentali nell’evoluzione
tecnica di un popolo che non possono non lasciare un’impronta
nella memoria collettiva.
La lavorazione dei metalli è la prima arte a specializzarsi
e ad essere esercitata da una casta maschile particolare; gli altri,
sia per mancanza di un’iniziazione tecnica sia per un divieto
di origine magica, ne sono esclusi.
Nella cultura tradizionale africana, in molti casi, il fabbro viene
iniziato alle sue attività per mezzo di particolari cerimonie;
anche i suoi strumenti e perfino il luogo dove lavora sono ricoperti
di sacralità
Il martello può essere il simbolo del potere politico e giudiziario,
come in Ruanda dove costituisce l’emblema dinastico del capo
che deve saper fare il fabbro e utilizzare il martello come un cuscino.
La fabbricazione di un martello avviene nel corso di cerimonie speciali
e gli si da un soprannome che ne evidenzia la forza e la straordinarietà:
in Ruanda il martello “umanato” è chiamato “gigante,
nano, distributore di nutrimento”; presso gli Ewe del Sudan
occidentale il martello sacro veniva portato in guerra e gli venivano
sacrificati i prigionieri nella convinzione di nutrirlo. Presso i
Bongo di Bahr el Ghazal (Ciad) si giura tenendo in mano il martello
secondo la formula “Se io mento possa questo martello uccidermi”.
In genere, però, è l’incudine il luogo sacro dei
giuramenti e simbolo di fecondità.
Sull’incudine si può esercitare la giustizia: appositi
riti “nominano” l’incudine che può o meno
accettare l’incarico di scoprire il colpevole di un crimine.
In alcuni casi l’incudine è il simbolo dei capi e si
sacrifica sulle incudini dei capi defunti; altre volte, particolarmente
nei gruppi ad economia agricola prevalente, dove la funzione del fabbro
è anche quella di produrre gli strumenti di lavoro essenziali
per la prosperità della popolazione, il rispetto per questo
eroe-artigiano si evidenzia tramite un complesso cerimoniale che accompagna
il ritrovamento e il trasferimento alla fucina della pietra che fungerà
da incudine, detta “la madre delle zappe”. Questa verrà
trattata analogamente ad una sposa del fabbro e si opereranno dei
riti per favorirne la fecondità.
Anche il mantice, con le sue varie tipologie, è ritenuto sacro
come un altare e dotato di vita magica.
Le sedi dove opera il fabbro, l’altoforno e la fucina, sono,
come nel mito, luoghi appartati e talvolta sacri, come tra i BaKongo
o come in Rhodesia, dove i fabbri Cishinga costruiscono vicino alla
fucina, per salvaguardarla dalle influenze negative, delle piccole
capanne dove fanno offerte agli antenati-fabbri. Gli altiforni sono
situati vicino ai giacimenti minerari o comunque lontano dalle abitazioni
mentre le fucine sono situate alla periferia dei villaggi; l’accesso
a questi edifici è in genere riservato all’artigiano
e ai suoi aiutanti, ma talvolta la fucina può diventare luogo
di riunione degli uomini, come tra i BaKuba, e tra i BaSakata (dove
è sempre posta al centro del villaggio) e sede di società
segrete.
In epoca recente si preferisce, lavorando metallo d’importazione,
evitare le operazioni di fusione-riduzione del minerale, faticose
e circondate da complessi rituali con tabù sessuali, alimentari,
igienici.
La figura del fabbro provoca sentimenti diametralmente opposti: presso
alcuni popoli ad economia agricola, particolarmente dell’Africa
equatoriale, gode di grande rispetto fino a poter assumere le funzioni
di capo, come tra i BaKuba del Congo che, pur non riconoscendogli
poteri magici, lo rispettano tanto da riconoscerlo come kolomo (capo)
e da ricordarne alcuni famosi come Bope Pelenge centottesimo re Kuba
vissuto nel XIX secolo o come Miele ottantaseiesimo re vissuto nel
XVI secolo; figura particolare è il novantatreesimo re Shamba
Bolongongo, vissuto nel XVII secolo, un sovrano illuminato, noto per
la sua saggezza, che favorì l’introduzione di nuove tecniche
artigianali e fece opera moralizzatrice; abolì l’uso
delle armi da getto fra cui il multipunte, arma tradizionale, perché
“potevano ferire gli innocenti”; al loro posto introdusse
un “coltello di pace” l’ikula. Addirittura tra i
Badzing Mukene della Kamsha il mestiere del fabbro è riservato
al capo; presso i BaSakanta della zona di Lukenie (lago Rodolfo, attualmente
denominato lago Turkana) quasi sempre il fabbro è il fondatore
del villaggio e spesso ne è il capo, o comunque il capo “bafumu”
può esercitare questo mestiere per diritto atavico; qui il
fabbro che si distingue dagli altri abitanti per l’abbigliamento,
è anche falegname e batte moneta.
Altri popoli, ad economia pastorale come i Somali, disprezzano l’artigiano
dei metalli e lo confinano in una casta inferiore, di origine diversa,
evitata e temuta. Ma in ambedue i casi le sue funzioni di guaritore-mago,
di ostetrico, di sacerdote dei riti di fecondità, iniziazione,
morte, rese misteriose dall’origine meteorica o sotterranea
del metallo, oltre che la sua abilità artigiana, lo rendono
un individuo speciale, solitario, sia nel comando che nel disprezzo
da parte della comunità.
Marco S. Piccardi
tratto da “Lame d’Africa” edito dal Centro di Ricerca
e Documentazione sull’Artigianato dei Ferri taglienti - Scarperia